Iside protagonista per i trecento anni del Museo di Antichità di Torino.
Ha aperto infatti il 23 aprile scorso la mostra “La Scandalosa e la Magnifica. 300 anni di ricerche su Industria e sul culto di Iside in Piemonte”, una innovativa, per i contenuti, esposizione curata dall’archeologa Elisa Panero dei Musei Reali, in collaborazione con l’Università di Torino.
La rassegna offre un viaggio nella città romana di Industria-Bodincomagus, centro “alpino” dalle forti connotazioni cosmopolite, che lega culti locali, orientali, rapporti economici e culturali con l’Egeo orientale: le sorti archeologiche del sito hanno accompagnato la storia e le vicende del museo torinese e del casato sabaudo, tra le più antiche attestazioni in Italia del culto di Iside, definita “La Scandalosa e la Magnifica” nell’inno del III- IV secolo d.C. rinvenuto a Nag Hammadi in Egitto e dedicato alla dea orientale. E spiegano la passione egizia di Torino.
La rassegna, allestita al secondo piano della Galleria Sabauda di Torino, muove i passi dal fascino per l’Oriente e per l’Egitto nutrito dai Savoia sin dal Cinquecento, attraverso l’esposizione di 75 oggetti tra statue, statuette ed epigrafi, in bronzo e in marmo, con opere particolari ed evocative come l’Osiride Chronokrator – Signore del tempo – avvolto nelle spire del serpente Aion, datato alla prima metà del II sec. d.C. – III sec. d.C., che giunse nelle collezioni dinastiche nel 1612.
Proviene invece dalla già menzionata area archeologica di Industria, che oggi è nel comune di Monteu da Po (TO), la serie importantissima di bronzi, come la Danzatrice, datata I-II sec. d.C., ritrovata all’inizio dell’Ottocento dal Conte Bernardino Morra di Lauriano, e il celebre tripode in bronzo riccamente decorato, opera di pregio datata alla metà del II secolo d.C.. Le peculiari sculture dedicate a varie divinità – Iside raffigurata anche nelle vesti di Fortuna, Arpocrate, Apollo, Mitra, Eracle, Giove Ammone – le iscrizioni e altri oggetti bronzei, quali il sistro e la statuetta di sacerdotessa, permettono di approfondire tradizioni, miti e varie religioni che rimandano a culti orientali in linea con la vocazione cosmopolita che la città di Industria doveva avere già nella sua fase preromana di mercato sul Po. Sono presenti anche materiali ceramici provenienti da tutto il Mediterraneo, alcuni esposti per la prima volta, ed epigrafi che attestano antichissime famiglie di origine centro-italica, quali gli Avilii, i Lolli, i Sertori e i Coccei, a testimoniare la vivacità del centro situato sull’asse del Po, nel cuore dei più importanti traffici economici, sociali e politici del tempo.
Tre secoli di storie, scavi e scoperte archeologiche legate al Museo di Antichità tracciano quindi la fisionomia di una città “sacra agli dei”, ma molto amata dagli uomini dediti agli scambi commerciali e alla politica dell’Impero, su cui molto resta ancora da scoprire: la sezione conclusiva è infatti l’occasione per fare il punto sull’urbanistica di Industria, sull’interpretazione dei suoi monumenti e sulle prospettive di ricerca.
Il culto di Iside a Torino in età romano-imperiale è testimoniato dal ritrovamento, nel 1567, di una base di statua dedicata alla dea. L’iscrizione (perduta), è citata nel 1577 da Filiberto Pingone, storico e consigliere di stato di Emanuele Filiberto, nell’opera “Augusta Taurinorum” in relazione alla fondazione egizia di Torino, nuova capitale del Ducato.
Il Pingone sostiene che la città fu chiamata Taurina e scelse i tori come divinità in riferimento a Iside. La leggenda delle origini di Torino genera così un precoce interesse per l’antico Egitto. È in questa ottica che si comprende l’acquisizione della citata statuetta di Osiride.
Altrettanto interessante, e presente negli spazi della Grande Galleria voluta da Carlo Emanuele I era anche la celebre Iside Cabalistica (oggi esposta nella Galleria Archeologica del Museo di Antichità), busto in marmo nero già registrato nell’inventario della Galleria nel 1631 posato a terra all’altezza della quattordicesima guardaroba, e poi confluito nelle collezioni museali nel 1731, donata dallo stesso Re Carlo Emanuele III.
È oggetto di grandi studi e diatribe al tempo di Giuseppe Bartoli, chiamato a Torino nel 1745 come docente di Eloquenza Italiana e Lettere Greche, e divenuto Antiquario Regio (ossia Direttore del Museo di Antichità) nel 1751.
Nel 1761, infatti, John Tuberville Needham (biologo e filosofo naturalista) visitando il museo, osserva il celebre busto istoriato di simboli e vi riconosce un originale egizio raffigurante la dea Iside e riconduce gli strani simboli ai geroglifici che ritiene interpretabili sulla base di una ipotizzata affinità con i caratteri cinesi. La suggestiva interpretazione suscita un grande dibattito internazionale, e viene ben presto sconfessata dallo stesso Bartoli, insieme ad una commissione di esperti, che nel 1762 dimostra come il marmo non sia egiziano, ma di provenienza lombarda (marmo nero di Varenna), e, anzi, sia una produzione seicentesca. In un inventario tardo ottocentesco degli oggetti d’arte di Casa Savoia, la Iside cabalistica venne attribuita allo scultore francese Nicolas Cordier, attivo a Roma agli inizi del Seicento.
La “fortuna di Iside a Torino” è così ormai fatta e la dea così diviene una sorta di protettrice esoterica della città.
Info sulla Mostra: da martedì a domenica, orario 9-19 (ultimo ingresso ore 18) sino al 10 novembre; tel.: 011 19560449; acquisto biglietti: https://www.coopculture.it, ingresso compreso nel biglietto dei Musei Reali, partenza dall’atrio della Manica Nuova.