Giunone, il polo negativo che genera tensione creatrice e provoca la Virtus

Giunone Sospita
Giunone Sospita

Giunone è certamente la maggiore fra le dee di Roma, sin dai primi tempi della Repubblica, ma era venerata anche in Etruria col nome di Uni (paredra di Tinia = Giove), in seguito “interpretata” come la Hera dei Greci.

Affiancata a Juppiter nella Triade Capitolina, anche il suo nome, erroneamente, fu fatto derivare da quello del dio.

Invece pare che derivi da “iuven” (1).

La triade capitolina arcaica Juppiter, Mars, Quirinus, trasformata dal Collegio pontifícale, vide Iuno prendere il posto di Mars, come Minerva prendeva quello di Quirinus.

I più noti appellativi della dea, più che l’incerta derivazione del suo nome, ci aiuteranno nella sua comprensione, corrispondendo essi a funzioni “che a Roma sembrano indigene e preletterarie”: Kalendaris, Pronuba, Cinxia, Iuga, Lucina, Caprotina, Regina, Sospita (salvatrice), Mater, Moneta.

Poiché le sono dedicate le Calende è detta Kalendaris (2);

Pronuba in quanto propizia i matrimoni;

Cinxia perché scioglie la cintura virginale della sposa la prima notte;

Iuga perché la sottomette dolcemente allo sposo;

Lucina quando porta alla luce i neonati;

Caprotina quando favorisce la fecondità delle donne siano esse libere o serve (3).

Sul Campidoglio, come polo opposto, necessario, di Giove, Giunone è Regina cui la Regina sacrorum sacrifica alle Calende.

In questo suo aspetto la dea ha connessione con la regalità e la maternità, ma anche con le armi: a Lanuvio, e quindi a Roma (4), Giunone è Sospita, Mater e Regina. ln questi tre appellativi è indicata la triplicità funzionale cui anch’essa presiede.

Sono peculiari i simulacra di Iuno Sospita: è raffigurata coperta a partire dal capo da una pelle di capra annodata sul petto proteso, armata di lancia puntata minacciosamente in avanti, reggente con la sinistra un piccolo scudo simile ad un ancile, i calzari dalla punta rialzata, more etrusco (5).

E’ Moneta perché “ammonisce o avvisa” se pericoli incombono sulla comunità (v. le oche a lei sacre del Campidoglio, assediato dai Galli).

Benché appartenga alla Triade Capitolina, né la letteratura né la mitografia romane le dedicano spazio comparabile a quello dato a Giove, vedi Virgilio, Seneca, Lucano e Macrobio.

Da questi autori viene elaborata una dottrina della quale Giunone è elemento essenziale nel processo di formazione sia del “Romano vero” che del “popolo Romano” (6).

ln questo processo Iuno è il polo negativo rispetto a quello positivo che è Giove: il primo quello della barbarie, il secondo quello della Virtus, che avvia alla divinificazione.

Le forze antagoniste (Furor/Vanitas – Virtus) così individuate sono viste in azione nell’Eneide, dove Enea allontanata da sé la vanitas orientale e si forma quale modello di romano vero: egli lotta non solo per vincere la propria barbarie, ma anche per convertire la polarità giunoniana alla riconciliazione con quella gioviana.

La coppia divina, ora divisa ora unita, genera quella “tensione creatrice” (7) che per il Romano è il motore della storia.

ln virtù della tensione creatrice il Romano perfeziona sé e il mondo.

Il polo negativo, nella sua essenza, è il male (principio di ogni barbarie, niente di moralistico) nonché – dato che il Romano non lo concepisce come astrazione, ma lo personalizza – Giunone, che ispira Annibale, che protegge Cartagine.

E’ la dea della collera e del furor, l’elemento motore della guerra. Perciò si oppone a Giove (o a Ercole, l’eroe per antonomasia, l’uomo che diventa un dio), ma nella dialettica romanità – barbarie Giunone ha l’anagogica ed essenziale funzione di provocare la Virtus.

Claudio Rutilio

(da La Cittadella n° 34, ottobre – dicembre 1992)

 

NOTE

 1) G. DUMEZIL La religione romana arcaica, Rizzoli, 1977, p. 262, dove si pone in luce come E. Benveniste in uno studio del 1938 abbia dimostrato il significato di “iuven”: l’uomo all’acme della forza vitale. Iuno, quindi, sta a indicare “la forza vitale (nel suo culmine)”. Dei giovani in genere? Solo molto tardivamente fu chiamato Iuno il genio proprio di ciascuna donna.

 2) MACROBIO, Saturnalia, 1, 15, 18: “ut utem Idus omnes lovi, ita omnes Kalendas Iunoni tributas, et Varronis et pontificalis adfirmat auctoritas”.

 3) G. DUMEZIL, op. cit., p.264: “Il sacrificio si compie sotto un fico selvatico, caprificus, e per esso viene utilizzato il lattice che goccia da un ramo (Varr. LL. 6, 18; Macr.1, 11, 36, ecc.). Si ricorda a questo proposito che le corregge con cui i Luperci, il 17 febbraio, colpiscono le matrone romane per garantire la loro fecondità, sono fatte di pelle di capro, caper, chiamato amiculum Iunonis. Si intravvede un rapporto Iuno – Faunus e poi fico, capro: tanto l’animale quanto il vegetale offrono spunti alla simbologia sessuale.

 4) Vedi C. RUTILIO, Pax Deorum, SeaR, 1989, pp. 125 – 126.

 5) Iuno Sospita è raffigurata come “gradiens” (cfr. Mars Gradivus), aggressiva, pronta a scagliare la lancia.

 6) Y. A. DAUGE, Le Barbare, Latomus 1981, base degli articoli apparsi su La Cittadella – S. RUTA, La formazione del Popolo Romano (n. 29, pp. 15 – 23), C. RUTILIO, Il Romano e il Barbaro (ins. 28, pp. I – VII) e su IGNIS – C. RUTILIO, La formazione del Romano Vero (n. 2/1991, pp.156 – 159).