I due maggiori personaggi della politica religiosa romana sul finire del IV secolo furono sicuramente Quinto Aurelio Simmaco e Aurelio Ambrogio da Treviri; i due sono cugini e provengono da famiglie senatorie, ma sostengono due teorie politico – religiose diametralmente opposte. Ambrogio, meglio noto come Sant’Ambrogio Vescovo di Milano, uno dei primi quattro dottori della Chiesa, fu il precursore della superiorità del potere spirituale su quello temporale e fu un Cristiano intollerante. Egli portò avanti una politica intollerante non solo contro gli eretici e i seguaci della religione tradizionale romana, ma anche contro gli stessi ebrei che professavano un culto permesso nell’Impero, come dimostrato dalla ferma opposizione di Ambrogio al provvedimento imperiale di Teodosio I (poi ritirato) che obbligava il vescovo della città siriana di Callinico (l’attuale Raqqa) a risarcire i danni causati dai fedeli alla locale sinagoga distrutta nel 388.
Ambrogio fece venir meno in Occidente anche il “Cesaropapismo” inaugurato nel 325 da Costantino I che aveva indetto il Concilio di Nicea a cui aveva partecipato.personalmente. L’imperatore Costantino I, aveva già concesso libertà di culto ai cristiani nel 313, ma conservò sempre il titolo di Pontefice massimo della religione romana a cui aggiunse il titolo cristiano di Isoapostolo, senza mai battezzarsi. In questo modo l’imperatore controllava la chiesa di cui era.guida suprema, ma con Ambrogio gli imperatori furono sottomessi al potere imperiale.
Il vescovo di Milano aveva praticamente in pugno gli Augusti cristiani che sulla fine del IV secolo proclamarono il cristianesimo religione di Stato, proibendo i culti tradizionali romani. Persino la capitale dell’Impero era stata spostata a Milano.
Questa scelta politico – religiosa da Graziano in poi, fino al nipote di Teodosio I, Valentiniano III, lasciò un vuoto ideologico nell’impero che nel breve – medio periodo non fu più colmato.
Fece venir meno l’ideologia stessa su cui si era basata fino a quel momento l’universalismo imperiale romano,ossia il sincretismo religioso, cioè la tolleranza e l’assimilazione della religione di tutti i popoli che venivano a contatto con Roma nel suo pantheon degli Déi.
Inoltre, i voti religiosi di numerosi romani privarono lo stato romano di funzionari e militari, così si dovette far ricorso sempre più a barbari romanizzati, dopo che l’esercito era stato ampiamente falcidiato a fasi intermittenti per circa cento anni dalla peste che le legioni raccolsero nella Partia nel 166 d.C..
Così, quando all’inizio del V secolo i popoli germanici, spinti dagli unni di Attila, sfondarono il Limes del Reno, Roma si fece trovare impreparata all’invasione e nel giro di pochi decenni nel 476 la parte occidentale dell’impero si divise in tanti regni formalmente romani, ma praticamente indipendenti.
Ad Ambrogio si opponeva il senatore Simmaco Praefectus urbis di Roma nel 384, uno dei leader del partito tradizionalista dei senatori insieme al collega Virio Nicomaro Flaviano.
Egli scrisse all’imperatore Valentiniano II per far ridare i finanziamenti pubblici alla religione tradizionale romana e per far rimettere nella sede del senato di Roma (Curia Julia) l’Altare della Vittoria, il simbolo dell’invincibilità delle legioni romane fatto posizionare lì da Augusto il 28 agosto del 29 a.C. per festeggiare la vittoria di Azio.
Alla luce di quanto successo successivamente e con la divisione del Mediterraneo dal Medioevo in poi, acuita dalle frizioni religiose fra i vari culti monoteisti, come è da giudicare storicamente il cambio di ideologia dell’impero romano?
Cristiano Vignali
(Agenzia Stampa Italia – 20.11.2019)