Al via pregevole iniziativa editoriale sulla Tradizione Italico-Romana

Una nuova, rigorosa e robusta, rivista periodica ha visto la luce in queste settimane per i tipi de “I Libri del Graal”, l’editrice (che anni fa pubblicava La Cittadella) recentemente rilevata e rilanciata dal gruppo de “Il Solco della Tradizione” di Spoleto. Si chiama “Perennitas” e intende porsi quale momento alto di conoscenza, riflessione e divulgazione del prezioso portato e vissuto della Tradizione italico-romana. L’encomiabile iniziativa, aperta a collaborazioni provenienti da tutto il mondo di riferimento, vede in questo primo numero interventi di Marco Francesco de Marco, Renato del Ponte, Maurizio Gallina, Paolo Casolari, Stefano Bianchi, Giuseppe Arminio de Falco, Luca Luccioni, Eleonora Stella, Daphne Eleusina, Miles, Marco Silvestri, Federico Fregni, Marco della Luna, Andrea Verdecchia e Daniel Guillem (direttore editoriale).

Per gentile concessione dell’editore, riproduciamo a seguire l’articolo di presentazione pubblicato sul  numero d’esordio della rivista a firma di Marco Francesco de Marco.

 

55961963_781557238893849_3445354668144721920_nMemoria ed attualità della Tradizione italico-romana, recita il sottotitolo di Perennitas, mettendo subito in evidenza l’aspetto essenziale della nostra iniziativa.

La conoscenza di quanto arrivato dall’età antica, prezioso patrimonio che costituisce la base dei nostri interessi ed approfondimenti culturali, interiori e rituali, per noi non è motivo di erudita nostalgia né tantomeno oggetto esclusivo di moderni studi storici, filosofici o archeologici, ma uno degli strumenti che porta al nucleo della visione del sacro nel mondo ario-italico-romano.

Sull’attualità e fruibilità di tale patrimonio non possiamo avere dubbi, considerando noi il retaggio sacro dei nostri antenati inestinto ed inestinguibile, posto su di un piano sovratemporale, immutabile, intangibile, indifferente al passare del tempo ed agli eventi incalzanti della sempre più buia era volgare.

La fondazione di una rivista che tratta di Tradizione italico-romana è quindi, secondo questa ottica, un atto simbolico di guerra e non di semplice studio o approfondimento storico-religioso. Perennitas, nell’intento dei suoi fondatori, incarna una delle diverse forme attraverso le quali Roma – tutto quello che Roma rappresenta in ogni dimensione – riemerge dall’invisibilità per riaffermare la centralità della civiltà, dell’ordine e dell’armonia tra uomini e Dei, contro il caos e l’informe.

Non è quindi lo studio di per sé l’obiettivo che la nostra rivista si pone, ogni nostro atto essendo orientato al fine ultimo costituito dall’affermazione del nostro mondo invisibile e della sua proiezione-ipostasi terrena. E’ auspicabile quindi che i lettori di Perennitas accolgano con favore ed entusiasmo la nostra iniziativa editoriale per quello che, nell’intento dei suoi promotori, costituisce il suo intento profondo e primario.

E’ uno spirito guerriero, consacrato a Marte Padre, difensore dei confini della Patria e delle terre dei suoi figli devoti, che anima le nostre azioni. I Fuochi dei Lari rifulgono nelle nostre case, gli Eroi e gli Avi della stirpe proteggono le nostre azioni e vegliano sulle nostre vite, affinché la Luce dei nostri Padri antichi, riemersa visibilmente nel secolo scorso, dopo essere stata custodita invisibilmente per secoli, possa condurre gli uomini e la natura tutta verso un destino degno dell’essenza intima di ogni essere vivente.

La terra è un proscenio nel quale agiscono e si manifestano forze metastoriche che si “muovono” latenti senza sosta, per cui, dal nostro punto di vista, la lineare ed apparentemente naturale “evoluzione” della società moderna, con i suoi cambiamenti religiosi e morali, non può essere considerata altro che una discesa, lenta ed inesorabile, giunta oggi a forme ossessive di delirio individuale e collettivo, arginabile e sanabile solo con l’avvento, ancora una volta, di forze superiori che, in concorso con volontà umane, potranno ristabilire un Ordine capace di dissolvere il buio ed il piombo imperanti.

Forse anche i lunghi “autunni dell’animo” sono parte di un complesso disegno divino, ma a nulla serve crogiolarsi nelle acque melmose delle teorie dei cicli, secondo una prospettiva incapacitante che vorrebbe giustificare l’immobilismo di tanti, molti dei quali hanno scambiato il demone Kali, un

“Asura travestito da Re”, “la radice di tutti i mali”, così descritto nel Vishnu Purana e nello Srimad Bhagavatam, con la dea Kālī.

Comunque sia, non v’è condizione esterna ed avversa che possa alterare l’approccio indoeuropeo, italico, romano, all’esistenza. La visione del mondo dei nostri Padri è, nella religione, negli usi, costumi, valori di riferimento – il Mos Maiorum – parte della dottrina eroica ben rappresentata dalle divinità mitiche che hanno iscritto nelle radici dell’Urbe il loro nome.

Si tratta quindi d’esser se stessi, null’altro, semplicemente, atteso che l’interruzione visibile dei nostri culti, così come accaduto in altre Tradizioni, è avvenuta manu militari, con la violenza, lo stragismo, il bagno di sangue rituale e non certo attraverso un allontanamento, uno spegnimento dei Fuochi volontario, che mai avvenne nella storia italica ed europea.

Così la Religione dei nostri Padri antichi diventa strumento di realizzazione interiore, di equilibrio psichico, nutrimento dell’anima, foriero di positive sensazioni di pienezza, serenità. Un asse viene a ricostituirsi in noi, e la rettitudine, la direzione verticale e sacra della nostra vita prende forme splendenti, dona importanza e riconoscimento ai nostri Avi attraverso i culti che li onorano e ricordano, e speranza e gioia ai nostri figli partecipi della rinnovata luce dei Fuochi della loro stirpe.

Felicitas gridano allegri i giovani durante i riti delle unioni. Felicitas: questa è la condizione interiore che il ritorno alla via dei nostri antenati ci concede, regalo meritato per avanguardie costrette a sacrificare se stesse per “aprire” la strada a tutti gli altri.

Si riavvolge un filo, riaccendendo i Fuochi dei Padri, tornando ad onorare gli Dei della Patria, sanando così il debito contratto nei secoli – l’assenza rituale dei più – a causa delle secolari persecuzioni, consapevoli che le soluzioni individualistiche e solipsistiche da affrontare con facili iniziazioni e fantasiose ricerche sincretiste, si affermano soltanto in una dimensione mentale, instabile, lunare, mentre il nostro sangue, la sua memoria sottile, il legame coi luoghi fatati della nostra terra e le sue divinità, costituiscono un asse fermo e centrato, un timone del nostro destino animico.

La geografia sacra che permise la manifestazione storica di Roma, ci ricorda la “centralità” dei nostri luoghi natii, imponendoci attraverso una non eludibile forma d’impegno insito nel nostro sangue, di rinnovare il patto con le Forze invisibili che a Roma consegnarono il destino ri-ordinatore che la sua prassi giuridico-sacrale donò al mondo, costituendo ancora oggi l’asse fragile ma comunque esistente grazie al quale l’umanità odierna conserva i suoi precari equilibri.

Prima ancora di dedicarci a compiti “alti”, ricordiamo – in primis a noi stessi – che solo l’uomo pio può essere capace di “illuminare” la realtà, ri-definendo il suo asse interiore, attraverso la dedizione ai Fuochi familiari che, uniti, concedono sovranità ad un Fuoco unitario che rappresenta la Patria e la sua centralità cosmica, finalizzata alla sua missione civilizzatrice che porta con sé Vittoria e Giustizia. Secondo questa prospettiva, l’unica conosciuta nel mondo antico, prima che le follie desertiche, materialiste e laiche infettassero l’animo degli europei e di tanti popoli del mondo, l’azione portata avanti con le insegne di Roma è essenzialmente politica, concreta, essa non appartenendo alle fumisterie intellettuali lontane dalla realtà.

In termini essenziali, non esiste azione destinata alla Vittoria che non abbia il suo nucleo principale nel Sacro e nel patto tra uomini e Dei: la Pax Deorum.

Già il miglior Evola, in Rivolta contro il mondo moderno, affermava: “Se non c’è ambiente non c’è risonanza: se mancano le condizioni interne ed esterne a che tutte le attività umane possano riacquistare un senso, a che tutti possano chiedere tutto alla vita e, col portarla all’altezza di un rito e di un’offerta, possano orientarla intorno ad un unico asse non soltanto umano, ogni sforzo è vano, non v’è seme che possa dar frutto, l’azione di una élite resta paralizzata”.

In forme diverse ed in alleanza con entità ben diverse per natura ed origine dagli Dei romani, chi avversa Roma conserva questa consapevolezza, riservando solo ai propri nemici la possibilità d’immaginare riscosse e “cambiamenti” germinanti da idee laiche e profane, senza che esse abbiano un collegamento con un potere superiore. Lo sanno bene e per questo motivo le loro centrali ideologiche, dopo aver impedito la continuità degli antichi culti dei Padri, con sempre maggior violenza ed ossessione si sono dedicate ad ispirare la persecuzione di ogni Fuoco ed ogni Religione che esse consideravano e considerano alla stessa stregua di nemici in arme.

Ecco quindi che la Tradizione italico-romana riappare per occupare il vertice dell’azione da portarsi avanti in tutte le dimensioni, essendo essa l’unico patrimonio capace di condurre le nostre genti alla Vittoria finale, attraverso ogni azione concreta, ogni dimensione politica o culturale che, solo traendo origine dall’alto, potrà avere efficacia e concreta realizzazione.

Cartagine, mai dissolta nell’invisibile, continua nella sua lotta contro Roma e la sua bellezza attraverso forme diverse ma conservando il medesimo intento manifestato nell’antichità. Naturalmente non ci riferiamo ad una Cartagine storica, piuttosto al suo principio metastorico perfettamente incarnato dai potentati odierni che reggono la civiltà usurocratica cancerogeno-radioattiva.

Quando i nostri Fuochi rifulgeranno rinnovati, donando nuova consapevolezza, lucidità, capacità di leggere la realtà secondo un’intelligenza numinosa e profonda, nessuna azione risulterà impossibile da portare a termine, nessun obiettivo potrà più essere dichiarato utopico, nessun “rito della grande disperazione”, al quale partecipano non pochi esponenti del tradizionalismo intellettuale odierno, potrà più avere l’efficacia che tante forze positive riuscì a neutralizzare, anche nel recente passato.

Il mondo ha bisogno di Roma, ed essa si manifesta solo se Uomini tornati Signori di se stessi costituiscono uno spazio delimitato, prima nell’invisibile e poi sulla terra, per custodire il mistero della sua essenza. Perennitas è una piccola parte di questo disegno, così come la vita di ognuno di noi è una minuscola luce, fiamma tra le fiamme, che unite contribuiscono alla Luce di Roma, determinando l’azione che, pur alimentando l’intento volto a centrare noi stessi individualmente, dirige il proprio operato innanzitutto per fini di Salus pubblica. “Salus populi suprema lex esto” scriveva Cicerone.

Fuochi per gli Dei, acqua alla Dea, coraggio per gli uomini, speranza per i popoli. Questo è il vortice che produrrà la trasformazione nostra interiore e di tutto quel che ci circonda.

Con la benevolenza di Iuppiter – Dieu Pitar ante omnia – di Giano signore del tempo, di Marte inesorabile difensore e guardiano.

Quod bonum faustum felix fortunatumque sit.