Il Pantheon, lo “Stargate” perduto e sconociuto ai più

Mi mancano le vibrazioni armoniche di pura energia incubate al Pantheon, quando, nel percorso quotidiano di avvio al lavoro, appena aperto il Tempio, potevo permettermi qualche minuto di Adoratio agli Dèi al centro dell’aula, sotto l’oculus. Nessuno se ne accorgeva, salvo qualche orientale pronto a scattare foto al “nativo che faceva gesti strani con un fazzoletto ripiegato in testa”. Una volta sono anche riuscito a crearmi la bolla del vuoto mentale e a testare col pendolo la frequenza al centro del pavimento, e la scala Bovìs è come impazzita.

Ipotesi ricostruttiva degli interni del Pantheon
Ipotesi ricostruttiva degli interni del Pantheon

Ora, purtroppo, questa esperienza mattutina non mi capita più e così penso alle triste orde turiste che calcano il nostro Stargate senza nulla cogliere di quella immane grandezza che rappresenta.

Eh già perché il Pantheon di Roma, per chi lo ignorasse, è uno dei più formidabili luoghi di “forza sottile” del mondo.

Provo, per gradi, a spiegarmi.

Secondo la tradizione il Pantheon viene eretto nel luogo ove era asceso al cielo il fondatore Romolo, salito sulla biga di fuoco di Marte e scomparso alle viste, nell’etere.

Il primo Tempio lo costruisce il Padre della Patria e restauratore dei culti aviti Ottaviano Augusto. Lo fa edificare dal genero e generale Marco Vipsanio Agrippa e lo inaugura ritualmente il 27 avanti Cristo, l’anno in cui il senato gli conferisce il titolo di Augusto e dal quale, convenzionalmente, si fa decorrere l’inizio dell’impero.

Un anno, insomma, non comune.

L’edificio di allora era rivolto a Sud.

Distrutto dal fuoco nell’80, il Pantheon venne restaurato sotto Domiziano, ma subisce una seconda lesione nel 110 sotto Traiano a causa di un fulmine. Il suo successore Adriano lo ricostruisce daccapo. I bolli laterizi appartengono agli anni 115-127 e si può ipotizzare che il tempio sia stato inaugurato dall’imperatore durante la sua permanenza nella capitale tra il 125 e il 128. Secondo altri sarebbe invece attribuibile al gigante dell’architettura romana Apollodoro di Damasco (che però cadde in disgrazia con Adriano). È quindi possibile che l’edificazione sia stata iniziata sotto Traiano e ripresa e completata con Adriano, il quale salvò l’iscrizione/dedica ad Agrippa del primo tempio, collocandola sul frontale,

L’edificio finito, a differenza del primo, è rivolto a Nord, o meglio a Nord discostato di 5 gradi verso Ovest.

Ma non è certo questa l’unica prerogativa d’eccezione.

Le divinità celesti/astri riportati nella cupola
Le divinità celesti/astri associate agli ordini di cassettoni della cupola

Il Pantheon era destinato ad ospitare tutti gli Dèi e pertanto conteneva i simulacri degli Dèi superi et inferi.

Così scrive l’architetto Giuseppe Vasi nel 1763:

Nella parte superiore erano collocate le statue delli Dèi celesti, e nel basso i terrestri, stando in mezzo quella di Cibele; è nella parte di sotto, che ora è coperta dal pavimento, erano distribuite le statue delli dei Penati.

Nel Pantheon adrianeo dunque gli Dèi celesti erano verosimilmente posti nelle sette gigantesche nicchie dell’aula che oggi sono poggiate sul piano di calpestio e presentano alternativamente forma circolare e rettangolare: si ipotizza si trattasse di Saturno, Giove, Marte, Venere, Mercurio, Luna/Diana, Sole/Apollo, ovvero le divinità collegate ai sette astri visibili a occhio nudo.

La cupola che lo sovrasta è l’archetipo di tutte le cupole costruite nei secoli successivi. Per ciò che concerne il diametro, è la più grande al mondo, superando sia la cupola di San Pietro, sia la cupola del Brunelleschi a Firenze. Tra le cupole in calcestruzzo non armato, quella del Pantheon ha dunque dimensioni insuperate.

Altra particolarità, i materiali costruttivi.

Rispettivamente, salendo dal basso, sono stati identificati: calcestruzzo e travertino (fondazione), calcestruzzo e scaglie di travertino e tufo, calcestruzzo e scaglie di mattoni e tufo, calcestruzzo e scaglie di mattoni e, per la cupola, scaglie di tufo e di scorie vulcaniche. Si tratta di una ingegnosissima tecnica costruttiva per alleggerire progressivamente il peso dell’innalzato o anche di una realizzazione strutturata per creare una cassa di risonanza?

Se provate ad addentrarvi nell’aula ed ascoltate la vostra voce crescendo di tono o origliate i canti di qualche corifeo durante una funzione (oggi è la chiesa di santa Maria ad Martyres), sentirete che l’audio si moltiplica, a seconda del clima e della stagione, anche di … trenta volte.

Altra caratteristica stupefacente: l’interno del Pantheon può contenere esattamente una sfera di 43,44 metri di diametro. Lo spazio interno della cella rotonda è infatti costituito da un cilindro coperto da una semisfera, il cilindro ha altezza uguale al raggio (21,72 m) e l’altezza totale dell’interno è uguale al diametro (43,44 m).

Aldo Tavolaro, studioso di Castel del Monte, sostiene che l’ipotetica sfera “rappresenta la volta celeste dove i sette Déi vivevano in eterno, mentre il cornicione che divide l’aula dalla cupola rappresenta l’equatore celeste”. Effettivamente, all’interno, la cupola è decorata da cinque ordini di ventotto cassettoni; ventotto si ottiene dalla somma 1+2+3+4+5+6+7. Sempre sette (vedi immagine).

E veniamo ora all’oculus.

Il raggio solare il 21 aprile
Il raggio solare il 21 aprile

L’edificio fu concepito per avere un’unica finestra sulla cupola di quasi 9 metri di diametro. Questa apertura verso l’esterno se, da un lato, permette un sapiente gioco di chiaroscuri all’interno, consente anche il manifestarsi di fenomeni astronomici: il 21 aprile, Natale di Roma, a mezzogiorno, un raggio di sole penetra dall’oculus e colpisce l’ingresso. Ecco spiegati i 5 gradi di scostamento a Ovest (potenzialmente infausti) rispetto al Nord geografico: dovevano consentire il verificarsi del fenomeno (che si ripete da 1900 anni).

Si aggiunga che la luce che si riflette sui marmi dell’edficio cambia a ogni ora del giorno. La qualità dei riflessi è sempre diferente e colpisce la superficie in tante variabili tonalità: quando piove diventa argentea, col sole la luce penetra la pietra tanto da farla sua.

Poi, la struttura dell’oculus: da un punto di vista architettonico altri non è che l’insieme delle chiavi di volta che formano la stessa grande cupola. Vale a dire, un insieme di archi. E gli archi – per i romani che li hanno inventati e cosparsi per il mondo – erano sempre luoghi sacri, di passaggio da uno stato all’altro, pregni di impronta energetica divina – sapientemente caricata sulla pietra con i riti specifici e/o convogliata dal luogo, identificato come energetico e pertanto scelto appositamente per la costruzione.

Questo a maggior ragione è avvenuto per il Pantheon, restituito da un imperatore che era un cultore dell’archeologia sacra e della geomantica.

Energia sacra che entra dall’oculus, energia sacra che promana da terra, energia sacra guidata dai riti, energia sacra amplificata dalle pietre. Divinità invocate, divinità evocate. Effetto magico di uno spazio interno iscritto nella luce.

La sfera iscritta nel tempio
La sfera iscritta nel Tempio

Possiamo allora ipotizzate che il Pantheon, tutto, così come è stato concepito anche nelle malte e negli interstizi, sia stato un potente collettore di dinamicità, vibrazioni sottili, centralità e verticalità sapientemente modulate e gestite dalla pratica esperta di chi celebrava i riti e, ripetendo, ritmando e intonando suoni e parole, crescenti e decrescenti, di specifici carmina – di cui nulla ora sappiamo – governava forze invisibili per il bene della Res Publica?

Forse non propriamente in questi termini, ma sì, lo è stato.

Diversamente il papa che ricevette il Tempio in dono dall’imperatore romano d’Oriente Foca non avrebbe sentito il bisogno di riempirlo di cadaveri per cercare di exaugurarlo e di spegnerlo. E’ ancora il Vasi a parlare … Bonifazio IV per cancellare quelle scioccherie, e sozze superstizioni, l’an. 607. purgatolo d’ogni falsità gentilesca, consagrollo al vero Iddio in onore della ss. Vergine, e di tutti i santi Martiri; perciò fece trasportare da varj cimiteri 18. carri di ossa di ss. Martiri, e fecele collocare sotto l’altare maggiore; onde fu detto s. Maria ad Martyres.

Narrano le guide, accompagnando oggi i turisti al Pantheon, la favoletta che “dopo questo episodio mille diavoli volarono in massa fuori dall’oculus, stridendo e gridando: erano gli Dèì che fuggivano”.

Ebbene, in attesa di ritornare in loco per un saluto, chiudiamo con le parole dell’imperatore che ci ha consegnato la Yourcenar nelle sue “Memorie di Adriano”: «Volli che questo santuario di tutti gli dei rappresentasse il globo terrestre e la sfera celeste, un globo entro il quale sono racchiusi i semi del fuoco eterno, tutti contenuti nella sfera cava».

 Paolo Casolari