Il Flamine Diale “… detiene il segreto delle potenze mistiche che costituisce la funzione che egli è, non già in virtù della sua competenza di esperto o anche di tecnico dei sacrifici, bensì in forza del suo essere. Egli è prezioso per il suo corpo e per le sue parole e per i suoi gesti, e per suo tramite Roma può aver presa – nella struttura che comprende la Triade Arcaica Juppiter, Mars, Quirinus – su un terzo livello, che è il più alto, del Mondo Invisibile: egli costituisce il polo sensibile, umano, di un fascio di correlazioni mistiche il cui altro polo risiede nella Sovranità e nel Cielo di Giove…”[1].
Abbiamo posto come incipit a codeste nostre riflessioni, il brano del Dumezil, atteso che lo stesso esprime in guisa talmente lancinante l’Idea fondamentale della spiritualità religiosa romana che, leggendolo e facendolo proprio nella dimensione dell’ “immaginazione creatrice” (Corbin), si diviene vieppiù consapevoli di quanto sia potentemente vivente la nostra visione del Mondo, che per brevità definiamo “spirituale”, e quanto la stessa sia, nella sua arcaica natura indoeuropea, l’autentico spazio luminoso dell’Essere (la Lichtung di Heidegger). La verità profonda che risiede nei suddetti concetti dumeziliani, è infatti la ragione fondamentale della legittimità e della veridicità storico-culturale del riconoscimento della intrinseca natura magica dello spirito e dell’animo del Romano, intesi come carattere, forma interna (Evola) che si manifesta, in termini proprio fenomenologici e cioè nel suo rapportarsi al Divino, visto, esperito e sentito in guisa perfettamente effettuale a quella natura. In buona sostanza non v’è chi non veda e, tantomeno, possa contestare, senza palesi intenzioni dolose, che in tale brano è espressa, in guisa magistrale, l’essenza unica e rivoluzionaria, nei confronti di tutto il mondo della spiritualità religiosa indoeuropea e della effettuale sua visione cosmica, dalla Scandinavia all’India vedica, in cui consiste la specificità eroica romana, che è la “statizzazione” del Cosmo cioè dell’Universo; il che vuol dire costringere il Cielo a scendere sulla Terra ed è la sacralizzazione del Mondo degli uomini in quanto Res Publica!
Se infatti il Cosmo per il Romano è la Res Publica, dallo stesso creata nella Pax Deorum, in virtù del Rito giuridico-religioso, alla luce del principio il voluto come dato[2], tale Cosmo, nella stessa guisa in cui lo sono quello ellenico e vedico che, però, a differenza di quello romano, sono esclusivamente celesti e non terrestri, in forza del principio inverso che è il dato come voluto[3], è pieno di Dei che, e qui sta la radicalità della specificità romana, sono uomini-Dei in quanto, come esplicita Dumezil, sono il polo visibile che, per mezzo di una fune invisibile, è tutt’uno, in un fascio di forze e di influenze misteriose di natura cosmica, con il polo Invisibile del Dio dei Summa; e ciò non può non avvenire poiché Roma è l’irruzione del Sacro nel Mondo e il Sacro viene “catturato” magicamente dal Romano e dallo stesso ritualmente stabilizzato e incardinato nelle Istituzioni (Civitas) del Mondo-Res Publica che è Res Populi (Cicerone) e quindi Res Sacra. In cotale guisa Roma ha ermeticamente “corporizzato lo Spirito e spiritualizzato il corpo” cioè ha realizzato ciò che insegna la Tavola di Smeraldo e quindi qualcosa di inaudito per tutte le spiritualità religiose del mondo tradizionale: ha pensato infatti alla necessità vitale di avere presenti nella Città (che è il Cosmo…), in quanto uomini vivi e concreti, delle “statue viventi e sante” degli Dei (Plutarco, Quaestiones Romanae, III) istituzionalizzando tale operazione, che Dumezil definisce “mistica”, creando la realtà dell’uomo-Dio che è il Flamine; egli non è un Sacerdote, cioè un signore del Sacro, egli non appartiene, pertanto, a nessuno dei Collegi Sacerdotali pubblici (Pontefici, Auguri…) in quanto non ha un rapporto con il Sacro poiché egli è il Sacro! E, attenzione, non lo è in virtù del possesso di arcane conoscenze o in quanto esperto di tecnica dei sacrifici ma, dice Dumezil, “in forza del suo essere”!
E che cosa può mai significare ciò? Se non la verità della natura iniziatica di quell’essere che è effetto di un “fare”, di un “creare”, di un “agire” in guisa attivo-intensiva (magica, come insegna Evola…!) nell’Invisibile e sull’Invisibile in forza della propria natura simile a Quello affinché ciò che nello stesso si realizza, si crea, si riverberi e si manifesti, per necessità oggettiva del mondo dello Spirito, stabilmente ed istituzionalmente nel visibile e cioè nei Flamini maggiori della Triade Arcaica che sono, per potenza dello Spirito, autentiche copie terrestri di Juppiter, Mars e Quirinus e la loro natura divina è talmente pubblica e cioè romana da essere i loro corpi, le loro parole ed i loro gesti che sono preziosi ed essenziali nella stessa guisa in cui per analogia, ma non per identità, attesa la gradata potenza magica della Majestas Populi Romani che è seconda solo alla Majestas di Juppiter Optimus Maximus, lo è la Res Publica medesima quale strumento voluto e realizzato dagli stessi Dei affinché il Romano edifichi qui, nel mondo degli uomini e delle donne, la Pax Deorum hominumque e quindi la Felicitas in senso universale che è poi l’ermetica Età dell’Oro! E tale Teologia, che in Roma è rituale Teogonia, cioè creazione del Dio, è, per mezzo del Flamine Diale, lo strumento potentissimo della maestà spirituale del Popolo Romano che consente allo stesso di “aver presa”, afferma senza indugio il Dumezil, su di un livello, su di una dimensione dell’Essere che è il più alto, in quanto è l’Invisibile Governante del Mondo e dei viventi, al quale il Romano è palesemente e necessariamente simile in quanto Popolo degli Dei, Popolo vivente tutto in uno stato iniziatico fortissimamente comunitario, una sorta di iniziazione collettiva, tanto nell’animico quanto nello spirituale, straordinariamente e misteriosamente differente, da apparire non umano, nei confronti di tutti i popoli del mondo Antico, come solo lo “scettico” Polibio intuì, restandone profondamente impressionato.
Il Console dinanzi al Popolo Romano convocato, rite et auspicato (Cicerone), nel Comizio, ordina ai Littori di abbassare i Fasci e tale arcaico rituale ha l’altissimo significato che l’imperium del Console (che è l’erede del Re!) simbolizzato dai Fasci, proviene dal Popolo poiché sua è la Sovranità!
Questa è l’Essenza di Roma e il suo eterno magistero!
Colui il quale non la vede, non la vive e quindi non la comprende con la Mente e con il Cuore, nulla sa dell’Anima dell’Europa!
Giandomenico Casalino
NOTE
[1] G. DUMEZIL, La religione romana arcaica, Milano 1977, pp. 492 ss.; cfr. anche J. SCHEID in AA.VV . L’esperienza religiosa antica, Torino 1992, pp. 101 ss..
[2] G. CASALINO, Il Sacro e il Diritto, Lecce 2000, pp. 45 ss..
[3] G. CASALINO, Il Sacro e il Diritto, cit., pp. 52 ss..