“Noi possiamo comprendere gli oggetti materiali partendo dai loro simili, attraverso la somiglianza delle cose che stanno in nostra presenza. Per quanto riguarda il Bene, invece, non c’è nessun modo per comprenderlo, né partendo da un oggetto materiale presente, né da nessuna cosa percettibile che gli assomigli. Occorre dunque agire al contrario. Come una persona su un belvedere scruta con occhio acuto e all’improvviso vede la barca di un pescatore solitario, isolata, portata dalle onde, così allo stesso modo è necessario che uno allontanandosi dal mondo sensibile dialoghi da solo con il Bene; lì non c’è nessun uomo né alcun altro vivente, nessun corpo grande o piccolo, se non una certa solitudine divina ed indicibile, semplicemente indescrivibile: là dimora il Bene, gioia e festa, lui stesso in una benevola pace, Sereno, Sovrano, che risiede allegramente sopra l’essenza. Ma se qualcuno ostinatamente radicato nelle cose sensibili crede di poter volare al Bene e poi di vivere voluttuosamente, convito di avercela fatta, questi si sbaglia di grosso.”
Con queste parole, dopo secoli dominati dai grandi movimenti materialisti come l’epicureismo e lo stoicismo, nel secondo secolo e.v. Numenio di Apamea introduce la mistica unione con il Bene, poi ripresa da tutto il mondo Neoplatonico, assieme a un nuovo paradigma di pensiero che gli varrebbe il titolo di padre del Neoplatonismo.
Chi era Numenio? Anche se Giovanni Lido lo considera un Romano, forse per aver insegnato a Roma, in realtà egli era un Siriano di lingua greca. Nei libri di filosofia è generalmente presentato come un neopitagorico, in quanto egli stesso usava definirsi un discepolo di Pitagora. Comunque, egli affermava che Platone non era secondo al suo maestro e riproponeva con forza la “seconda navigazione” platonica. A difesa di Platone scrisse un’opera “Sul dissenso degli Accademici da Platone” in cui attaccava i successori di Platone per non aver compreso la rivelazione del loro maestro e per essere andati a una deriva materialista. In particolare polemizzava contro gli stoici e le loro dottrine, non tanto dal punto di vista etico, ma proprio là dove erano più attaccabili: il supporto teorico alle loro idee etiche, impoverito dal rifiuto della metafisica.
Numenio recupera, amalgama e sviluppa vari concetti provenienti da Platone, da Aristotele, ma anche dalle correnti mistico-religiose del suo tempo. L’essere di Numenio è ormai distante anni luce dalla prima formulazione di Parmenide. L’essere di Numenio è trascendente grazie al recupero della “seconda navigazione” di Platone, il quale è considerato il vate di una rivelazione sacra epocale, il Mosè attico (espressione di Numenio) che offre la grande rivelazione del Dio Primo. L’introduzione di aspetti religiosi e soteriologici è in piena sintonia con la mentalità del mondo tardo antico, dal secondo al quinto secolo. La filosofia di quel periodo si arricchiva di un sincretismo religioso alimentato dalla tradizione egizia, greco-romana, giudaica, babilonese. In quei tempi si compongono gli Oracoli Caldaici e forse il Corpus Hermeticum. La filosofia diventa anche religione. I maestri neoplatonici che seguirono si preoccuparono di definire tecniche per avvicinarsi all’unione estatica con il Bene, attraverso la convocazione di demoni o a pratiche teurgiche, che sono rituali mistici per l’elevazione dell’anima alle divinità del panteon politeista. L’aspetto religioso divenne centrale nelle filosofie di Porfirio, Giamblico e Proclo.
Numenio, tuttavia, dopo aver divinizzato l’essere, doveva risolvere il problema del rapporto tra un Dio perfetto, immobile, puramente trascendente, e l’opera demiurgica che invece “si sporcava le mani” con il mondo materiale. In altre parole, doveva risolvere il meccanismo del Motore Immobile di Aristotele per mantenerlo appunto immobile e farlo funzionare, in maniera che mettesse in moto tutto l’universo. La soluzione di Numenio è in realtà in sintonia con la teologia egizia di Amon-Ra-Ptah e degli Oracoli Caldaici, con un Dio con tre distinte funzioni, presentate come divinità differenti, secondo la formulazione della proskhrēsis (πρόσχρησις) o uso, che qui descriviamo.
Alla sommità di tutto ciò che è, c’è Dio. Questi coincide con l’essere, che si differenzia chiaramente dal divenire, seguendo il Timeo di Platone. L’essere infatti è intellegibile, mentre il divenire no. L’essere è il dominio dell’incorporeo, permanente e eterno, secondo quanto confermato dalle religioni di tutti i popoli. Il divenire invece avviene nell’ambito del corporale, instabile e cambiante del tempo, dominato dalla materia. Dio – theòs – è il principio superiore. A seconda che si parli della propria natura intrinseca o delle sue manifestazioni in relazione della materia, conviene parlare di un Dio Triplo o in funzione gerarchica di Primo, Secondo e Terzo Dio. Il Dio in se stesso dunque è il Dio Primo, che coincide con l’essere in quanto essere e con il Bene.
Il Dio primo, intellegibile (ossia essenza-pensabile), è padre e causa di chi può pensarlo, ossia dell’Intelletto che conosce l’essenza. L’intelletto che conosce l’essenza è il Dio Secondo. Questa funzione ha la visione totale delle idee del suo proprio ordine intellettivo e si associa al Nous platonico. Ha anche la funzione di Demiurgo, il legislatore che distribuisce le anime e usa le idee per plasmare il mondo.
Il Dio Terzo è l’universo, il punto d’incontro tra l’azione provvidenziale e psichica del Nous e la necessità del mondo materiale, ossia l’intelligenza discorsiva.
Dio usa (proskhrēsis) i suoi aspetti subalterni, la sua mente o attività intellettuale universale per svolgere la funzione di Demiurgo e realizzare il piano cosmico plasmando la materia. Plotino qui introdurrà le ipostasi, che sussistono in se stesse originando tre livelli di realtà, mentre con Numenio potremmo dire che ci sia una sola ipostasi con tre livelli differenziati dall’uso. Resta comunque un dato di fatto che Numenio ha gettato le basi per la triade Essere-Nous-Anima nel pensiero neoplatonico.
Numenio inoltre anticipa il concetto di processione poi usato da Plotino e da tutti gli autori neoplatonici. Secondo questo principio, il divino dona ai livelli inferiori senza impoverirsi (da cui il principio di emanazione).
In questo quadro, la materia permette l’incorporazione dell’essenze divine e dell’essenza dell’universo sensibile. Per se stessa la materia è disordinata e caotica, anteriore al mondo perché non ha origine temporale, ha cominciato ad esistere come miscuglio di nous e ananke (necessità). La materia tende a spargersi indefinitamente ma è mantenuta dall’ordine intellettivo di Dio. Il Demiurgo la contiene con le sue forme. La materia dunque è ordinata attraverso l’opera del Demiurgo con l’Anima. Il mondo sensibile è dato dall’interazione tra la divinità e la materia e si estende dalla sfera delle stelle fisse fino alla Terra, punto centrale e più basso del cosmo. Da una parte si vede come Numenio abbandoni il logos stoico attraverso il recupero della divinità, dall’altra mantenendo due principi, materia e Dio, continua il dualismo Platonico (monade e diade). Plotino invece farà derivare la materia dall’Uno professando un monismo che rappresenterà il superamento definitivo del Medio Platonismo verso il Neoplatonismo.
Come si vede, le anticipazioni di Numenio verso il nascente movimento neoplatonico furono enormi, compreso il concetto che ogni cosa è presente in tutte le cose secondo la propria essenza, altro punto cardine della filosofia Plotiniana. Gentiliano Amelio, assistente di Plotino, copiò tutte le opere di Numenio (quella volta copiare a mano le opere era spesso l’unica opzione per averne una copia). Plotino le citava in continuazione, a tal punto che si vociferava che egli avesse plagiato le opere di Numenio. Per difendere Plotino dall’ipotesi di copiare le sue tesi da Numenio, il suo assistente Gentiliano Amelio scrisse l’opera “Sulle differenze dottrinali tra Numenio e Plotino”.
Inoltre, secondo quanto afferma Proclo, anche Porfirio fu fortemente influenzato da Numenio, almeno per l’interesse verso gli Oracoli Caldaici. Lo schema trinitario di Numenio fu ripreso da Plotino e da Porfirio. I cristiani, sentendosi accusati di politeismo dai giudei per avere introdotto la figura del figlio nel loro panteon, riformularono la teoria trinitaria pagana per giustificare la divinità di Cristo. La Trinità divenne un dogma della chiesa, ossia una dottrina obbligatoria indiscutibile, essendo i cristiani incapaci di accettare il libero pensiero. Nel 1600, quasi 1300 anni dopo Numenio, Giordano Bruno veniva messo al rogo per aver tenuto posizione eretiche sulla trinità. Ma questo appartiene alla cupa storia dei galilei, non alla brillante stagione filosofica del neoplatonismo pagano, che continueremo a raccontare nei prossimi articoli.
Mario Basile