E’ ufficiale: la popolazione italiana di lupo è una sottospecie unica al mondo, Canis lupus italicus, come aveva già proposto il grande naturalista italiano Altobello nel 1921. La novità è rimbalzata su tutti i media grazie al WWF che ha promosso il Wolf Day per il 17 maggio di ogni anno, un genere di manifestazione (la giornata dedicata) che solitamente ha poco di concreto, ma che in questo caso ha il merito di aver acceso i riflettori sul tema.
La situazione del lupo in Italia è migliorata nel corso degli ultimi anni: dopo che la specie era ridotta negli anni Settanta a un centinaio di esemplari, oggi si stimano oltre 1500 capi sul territorio nazionale. Il lupo è così ritornato in forze sulle Alpi e negli Appennini grazie a normative di tutela e iniziative di contrasto della predazione di bestiame. Di contro però una nuova ondata di bracconaggio sta mietendo centinaia di vittime l’anno, con armi da fuoco e bocconi avvelenati: nel solo periodo 2013-2015 sono stati uccisi da bracconaggio e incidenti almeno 115 esemplari. E un altro grave rischio è rappresentato dall’inquinamento genetico.
Ora però proprio dalla genetica arriva la scoperta di un team di scienziati di nove paesi europei, pubblicata sulla rivista di ricerca scientifica indipendente Plos One (http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0176560), che è risalita alle origini dell’unicità del lupo italiano.
“Abbiamo studiato la variabilità genetica di centinaia di lupi provenienti da 5 diverse popolazioni europee e quello che è emerso è chiaro: il lupo italiano è nettamente distinto da tutti gli altri lupi d’Europa e del mondo, sia a livello di cromosomi autosomici che a livello mitocondriale”, spiega Romolo Caniglia, genetista e coordinatore dello studio.
Ma quello che stupisce è quanto sia antica tale peculiarità. Utilizzando metodi che consentono di datare quando è avvenuta la separazione del lupo italiano dalle altre popolazioni europee lo studio ha scoperto che questa unicità non risale ai secoli scorsi. Il Lupus Italicus ha iniziato a distinguersi già dal termine dell’ultima glaciazione, quando le popolazioni allora esistenti in Europa erano state spinte verso sud dai ghiacci, mentre nuovi lupi provenienti dall’Asia iniziavano a giungere da est.
Una diversità con radici antiche, quindi, che sottolinea ancora una volta come il lupo nostrano sia un vero e proprio ‘prodotto made in Italy’, e come tale andrebbe tutelato.
Una diversità che riflette soprattutto la forza del mito che lega la comparsa del lupo italico al tempo delle origini dei cacciatori-raccoglitori e delle primavere sacre, insomma gli albori protostorici delle genti italiche che per prime incrociarono le proprie vite con quelle dell’animale e ne fecero il loro simbolo totemico (a significare fedeltà, astuzia, generosità, intelligenza, cordialità, compassione, comunicazione), simbolo che poi diventerà l’espressione di Roma, unificatrice delle genti italiche e del mondo.
Auguri Lupus Italicus, sit tibi salus et vita longa.
Paolo Casolari