Verso il misticismo neoplatonico. Un percorso filosofico (IV)
La teologia è un ripensamento del divino con metodi filosofici. La sfera religiosa viene interpretata alla luce della ragione, del logos, in forma filosofica. La filosofia di Platone e di coloro che seguirono le sue tracce analizzò criticamente la mitologia e generò una nuova comprensione della divinità attraverso la teologia. Introduciamo in questo scritto i primi passi di questo lungo processo, che porterà alla creazione della monumentale Teologia Platonica di Proclo.
Prima della nascita della filosofia occidentale in Grecia, i sapienti cercavano di rispondere alle grandi domande con spiegazioni mitiche e poetiche, attingendo per esempio dalle opere di Omero, comprese come testo autorevole per l’interpretazione del mondo. Fenomeni naturali come i terremoti, le inondazioni e persino le carestie erano affrontati unicamente con un approccio religioso e mitologico. Per esempio, nel primo libro dell’Iliade, l’epidemia che affligge l’esercito greco è spiegata attraverso l’intervento di Apollo dietro richiesta di Achille. Similmente, ogni epidemia era compresa come una manifestazione dell’avversione di una o più divinità contro coloro che ne soffrivano. La malattia dunque era affrontata con l’intervento della religione tramite sacrifici, voti e rituali.
I primi filosofi, i Milesiani, ruppero questo schema sforzandosi di trovare la spiegazione dei fenomeni nei meccanismi interni alla natura stessa invece che nell’intervento divino, facendo così nascere la filosofia e il concetto stesso di “fenomeno naturale”. Nei primi secoli quindi la filosofia, liberando il pensiero dagli schemi religiosi, diventava un potente mezzo di ricerca del mondo e si arricchiva di un lessico che, gradualmente, divenne strumento sempre più potente e preciso con l’introduzione e lo sviluppo di concetti quali la causa prima, il divenire, la realtà e l’apparenza delle cose, l’essere, il nous, il logos, la psiche.
Non appena i filosofi distolsero lo sguardo dal mondo materiale, alzandolo al cielo, si cominciò a utilizzare la ricerca filosofica verso la divinità. Nelle opere dei primi filosofi che cercarono di comprendere la natura del divino si possono identificare almeno tre tipi di argomenti: 1) la critica del paradigma tradizionale, 2) l’introduzione di nuovi modelli, 3) la reinterpretazione della tradizione con i nuovi modelli. Benché la prima apparizione di ognuna di queste tre tipologie sia avvenuta con una sequenza temporale che riflette l’ordine esposto, le tre modalità continuarono a coesistere lungo l’intero percorso filosofico nel mondo politeista (*).
Senofane di Colofone (570 – 475 a.e.v.) è tradizionalmente associato alla scuola eleatica, tuttavia mentre i suoi successori si dedicarono principalmente all’ontologia (ricordiamo l’Essere di Parmenide), egli diresse la sua ricerca verso la teologia, criticando la tradizionale concezione degli Dei e del Divino procedente da Omero ed Esiodo. Secondo il filosofo, l’errore fondamentale della mitologia classica risiede nella raffigurazione antropomorfica delle divinità, non solo per quanto concerne l’aspetto esteriore, ma anche e soprattutto per i sentimenti, le tendenze personali, le azioni illecite ed i trucchi furbeschi. I racconti sulla nascita degli Dei sono altrettanto assurdi, in quanto farebbero presupporre il fatto che gli Dei non vivano in una sfera di eternità ma in una dimensione temporale, con la quale occorrerebbe logicamente anche accettarne la morte. Poiché gli Dei vivono fuori dal tempo, non ne è possibile il movimento da un luogo all’altro (in fisica la velocità è spazio percorso nel tempo, senza tempo non si ha movimento). La mitologia dunque non può dire il vero riguardo le divinità, o comunque non può essere presa letteralmente.
Senofane dunque aprì le porte ad una nuova concezione del divino attraverso la critica al paradigma tradizionale, tuttavia non riuscì a compiere un passo nella direzione ontologica e nella proposta di un valido modello alternativo.
Platone accolse le tesi di Senofane sulla critica alla concezione tradizionale della divinità e inoltre introdusse nuovi miti. Il mito della caverna è una metafora della conoscenza del reale e, a differenza di un mito tradizionale, si sviluppa sopra un pensiero filosofico. Il Demiurgo, similmente, nasce dal ragionamento cosmologico come divinità necessaria affinché il cosmo sia ordinato. Anche i modelli dell’anima umana e dell’anima dell’universo si presentano come forma mitologica originata da una profonda riflessione filosofica. La filosofia con Platone cominciò a costruire nella propria cosmologia una struttura che poté esser utilizzate al posto di quella tradizionale. Platone non tentò una vera riconciliazione del modello classico, con l’eccezione dell’identificazione del “suo” Demiurgo con il tradizionale Zeus. Con Platone, comunque, possiamo affermare che si preparò il terreno per la reinterpretazione della tradizione attraverso i nuovi modelli mitologici.
Alla morte di Platone nel 347 a.e.v. la guida dell’Accademia da lui fondata passò per otto anni a suo nipote Speusippo, la cui filosofia deviò notevolmente da quella del maestro attraverso un sostanziale rifiuto della dottrina delle idee. A Speusippo, nel 339 a.e.v. succedette Senocrate di Calcedonia, che in precedenza aveva abbandonato l’Accademia per la sua contrarietà a Speusippo, e che al ritorno diresse l’Accademia per 25 anni, fino a quando morì.
Senocrate ripristinò con forza la dottrina delle forme come causa divina e separata. Egli inoltre, con un’impostazione neopitagorica, considerò i primi dieci numeri come ideali da cui si formano tutti gli altri. In particolare, considerò la Monade come il principio unitario-identitario di Platone e la Diade come principio di diversità e di moltiplicazione. Ma andò ben oltre, procedendo nella reinterpretazione della tradizione religiosa attraverso i nuovi modelli.
Occorre a questo punto chiedersi in che cosa consista la reinterpretazione teologica della filosofia platonica e neoplatonica. In generale, la filosofia attraverso la metafisica definisce una struttura a livelli della realtà, dal principio unico superno all’infinita molteplicità della materia alla base. Lungo il processo dell’emanazione, si identificano entità funzionali, ossia con una chiara funzione per la coerenza del quadro metafisico e cosmologico, come per esempio la psiche, l’Anima Mundi, il Demiurgo, il Nous. A questo punto la reinterpretazione teologica consiste nel trovare le corrispondenze tra la mitologia tradizionale classica e il pensiero razionale e filosofico.
Senocrate considerò, anticipando la visione neoplatonica, che tutto l’universo è popolato di divinità, dagli Dei ai livelli superiori, fino ai demoni che agiscono nel mondo sublunare, o in altre parole al nostro livello, e si spinse ad affermare la presenza del divino persino nella materia. Egli divise la realtà in tre piani: 1) Il mondo esterno o superiore alla sfera del cielo, o iperuranio; 2) la stessa sfera del cielo; 3) il mondo racchiuso all’interno della sfera del cielo. Questi tre mondi rispecchiano i diversi modi conoscitivi. Il mondo iperuranio è conoscibile con la pura conoscenza noetica o, come direbbe Platone, con l’episteme. La sfera del cielo rappresenta la conoscenza empirica, ossia la doxa. Il mondo racchiuso dalla sfera celeste costituisce la realtà percettibile, che è appunto percepita attraverso i nostri sensi. Egli inoltre associò alle tre Moire i tre piani della realtà appena citati. Atropo, la più anziana, colei che segna il fato inflessibile e che recide con le sue forbici il filo della vita dei mortali, incarna l’iperuranio, la sfera dell’intellegibile. Lachesi fu identificata con la sfera celeste mentre Cloto con la sfera del mondo percettibile.
Inoltre Senocrate attribuì alla monade, il principio di identità di Platone, caratteristiche maschili con il ruolo di padre del cielo, il principio dispari, il Nous, il primo dio, e lo identificò con Zeus. Alla diade, principio di diversità e generazione, attribuì la caratteristica femminile e lo considerò Madre degli Dei e dei pianeti sottostanti e signora di ciò che sta sotto il cielo, Anima Mundi.
Il mondo iperuranio di Senocrate è sotto il dominio diretto della monade-nous-Zeus, mentre la diade-anima mundi – Dea Madre regna sotto, anche a livello sublunare, ma è già presente nell’iperuranio dove viene governata da Nous-Zeus, facendo così da tramite tra il Nous e tutto l’universo, d’accordo alla visione di Platone. In questa maniera il Demiurgo, pur essendo nell’eternità dell’iperuranio, domina il mondo.
In questo cosmo, sacralizzato e popolato di esseri divini, i dèmoni giocano il ruolo di intermediari tra gli esseri umani e gli Dei, agendo anche nei sacrifici e negli oracoli. I demoni non sono necessariamente buoni, in quanto ce ne sono anche di cattivi. Questa visione spiegherebbe il perpetuarsi, a nostro livello, della lotta del bene contro il male. Inoltre i demoni possono essere anime umane che si sono liberate dai corpi con la morte. Questa inclusione dei demoni nella metafisica ebbe grandi influenze nella filosofia più tarda, in particolar modo in Porfirio e Giamblico (basti citare i Misteri Egizi) e Proclo.
La nuova comprensione teologica delle divinità non ebbe conseguenze sul piano religioso. L’ortoprassi del politeismo lasciava piena libertà interpretativa e conviveva pacificamente con le varie formulazione teologiche che seguirono, in un generale clima non solo di tolleranza ma anche di comprensione e alleanza. Tardi autori neoplatonici erano non solo ottimi filosofi e teologi ma anche asceti e teurghi, in un proficuo connubio di tradizione e ricerca razionale. Per questo motivo, ancor oggi, possiamo parlare di filosofia e di interpretazione teologica delle divinità in un sito come questo, sapendo che la discussione nulla toglie alle pratiche religiose della religio, ma aggiunge ricchezza alla comprensione della nostra posizione di fronte alla divinità.
(*) La presa di potere del monoteismo cristiano e la seguente teocrazia stroncò ogni seria discussione teologica. Se l’intera filosofia classica si basa sul principio di ragione – o logos – con cui noi possiamo comprendere non solo tutto l’universo, grazie alla nostra affinità con l’anima mundi, ma possiamo anche giungere al Nous, il cristianesimo scardinò la razionalità attribuendo, con il vangelo di Giovanni, il logos a un mortale semidivino (Gesù), a cui si può accedere solo con la fede. In estrema sintesi: non pensate, ma credete. Il cristianesimo, anche per la sua totale mancanza di argomentazioni filosofiche, fu bollato come superstizione.
Mario Basile