Verso il misticismo neoplatonico. Un percorso filosofico (III)
Il filosofo non è un ente astratto che appare nella storia umana scendendo da un disco volante, ma una persona in carne ed ossa la cui mente è propensa a investigare sul senso del tutto. Per quanto l’obbiettivo possa essere elevato e raffinato, il filosofo vi si avvicina con il suo bagaglio di conoscenze, di convinzioni, di linguaggio, di esperienze. Per questo motivo, a volte per comprendere la filosofia antica occorre calarsi anche nella cultura e nelle concezioni scientifiche del tempo, altrimenti risulta difficile seguire il filo logico del discorso. Il filosofo spesso considera alcune concezioni “scientifiche” del proprio tempo come universali e conosciute da tutti, per cui non si dilunga a giustificarle nella propria esposizione. Ciò vale a maggior ragione quando si affronta il tema della cosmologia, come trattato nel Timeo di Platone.
Un po’ per l’assenza dell’inquinamento atmosferico, un po’ grazie al fatto che televisori, cellulari e videogiochi non riempivano le nottate serene, i nostri progenitori erano grandi osservatori del cielo. La loro cosmologia non fu frutto di fantasia, ma fu fondata su fenomeni visibili. Essi si accorsero che c’erano due tipi di corpi celesti: in primo luogo le stelle, che disegnano costellazioni e si muovono rigidamente nel cielo da est ad ovest come se fossero incollate ad una sfera, per cui sono dette “fisse”; in secondo luogo sette astri che sembrano muoversi sullo sfondo delle stelle fisse, da ovest a est, detti pianeti (dal verbo greco πλανάω = muoversi). Apparve naturale immaginare che ciascuno dei pianeti fosse legato a una relativa sfera, rotante attorno alla Terra, il punto d’osservazione privilegiato. Essendo i moti dei pianeti indipendenti l’uno dall’altro, le loro sfere dovevano essere separate l’una dall’altra, e concentriche per rispettare la centralità terrestre. La Luna e il Sole, pur essendo “lumi”, erano considerati pianeti a pieno titolo. Nessuno si scandalizzi di ciò, in quanto tale concezione è perfettamente coerente con la definizione di pianeta (astro errante) usata in quel tempo. Solo in tempi storicamente recenti si è cambiata la definizione del termine.
Se ogni pianeta è legato ad una sfera e se le varie sfere sono concentriche con la Terra come punto centrale, come si dispongono le sfere, dalla più piccola alla più grande? Un modo semplice per caratterizzare il moto di un pianeta è misurare il lasso tempo che, nel suo peregrinare nel cielo, impiega per ritornare allo stesso punto rispetto alle stelle fisse. Si definisce questo tempo “periodo siderale”. A Platone e ai suoi illustri predecessori apparve naturale associare la grandezza delle sfere al periodo siderale del rispettivo pianeta, attribuendo le sfere più piccole ai pianeti con il tempo di percorrenza minore. Si ottenne così la seguente successione delle sfere planetarie: Luna (il cui periodo siderale è di 0.0748 anni, pari a circa 27 giorni), Mercurio (0.241 anni), Venere (0.615 anni), Sole (1 anno, per definizione), Marte (1.881 anni), Giove (11.87 anni) e Saturno (29.45 anni). Sullo sfondo, la sfera delle stelle fisse, la più lontana.
Questo è il punto di partenza per la cosmologia mistica del Timeo di Platone. Le sfere concentriche dunque ruotano attorno alla Terra, dalla sfera della Luna, la più prossima a noi, grazie alla quale il nostro mondo è anche definito “sublunare”, alla sfera di Mercurio, poi Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno, per terminare con la sfera delle stelle fisse.
Che cosa genera il movimento delle sfere? Platone rispolvera l’antica definizione di psiche come “movimento” di un corpo. La psiche in questione è speciale, in quanto ha il grande compito di muovere l’intero Corpo dell’Universo. Questa psiche è l’Anima del Mondo o, in latino, Anima Mundi. Essa è l’analogo cosmico dell’anima umana, con alcune differenze. Nel Fedro, Platone descrive l’anima umana come un ente tripartito, paragonandola a un auriga, che rappresenta la parte razionale, su una biga trainata da due cavalli, uno bianco a carattere spirituale e volitivo, che tende a salire verso l’iperuranio, l’altro nero a carattere concupiscibile, attratto dal mondo materiale e percettibile. L’anima umana è in armonia e “giusta” solo quando l’auriga, la ragione, riesce a domare e dirigere le altre due componenti, i due cavalli. A differenza dell’anima umana l’Anima Mundi è puramente razionale e quindi si trova sempre in armonia. L’universo è a tutti gli effetti un essere vivente, con un corpo e un’anima. Il Corpo del Mondo è costituito dai quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. L’Anima Mundi invece non è composta dai quattro elementi ma da una mescolanza di tre enti molto rarefatti, l’essere, il principio di identità e il principio di diversità, che vengono sapientemente miscelati dal Demiurgo secondo principi matematici ben definiti. Vale la pena soffermarsi in dettagli su questi principi matematici, in quanto stando a Platone regalano una prova del legame tra la perfezione matematica e la razionalità intrinseca del cosmo.
Il Demiurgo, dalla miscela di essere, identità e diversità ricava due sequenze di grandezze basate su potenze di due e di tre, cominciando dall’unità, ossia: 1, 2, 4, 8 e 1, 3, 9, 27. Consideriamo l’intervallo tra 1 e 2 e riempiamolo con la media aritmetica, ossia 3/2 (emiolo), e poi con la media armonica, molto usata nel mondo antico (1), che dà 4/3 (epirito).
Nel dialogo, Timeo identifica una relazione speciale tra la media matematica e quella armonica di 1 e 2. Dividendo 3/2 per 4/3 si ottiene 9/8. Inoltre verifica che si ottiene lo stesso risultato, 9/8 (epogdo), dividendo ogni media aritmetica con la corrispettiva media armonica lungo tutta la sequenza.
Prendendo 9/8 come fattore, quindi moltiplicandovi ogni termine, dal numero 1 si ottiene:
1 9/8 81/64. Per arrivare a 4/3 occorre moltiplicare con un fattore differente: 256/243. La serie quindi riprende con intervalli di 9/8 a parte l’ultimo intervallo che di nuovo è 256/243, fino ad arrivare a 2.
Sequenza: 1 * 9/8 * 81/64 * 4/3 * 3/2 * 27/16 * 243/128 * 2
Intervalli: * 9/8 * 9/8 * 256/243 * 9/8 * 9/8 * 9/8 * 256/243 *
Questa sequenza si ripete con il medesimo schema lungo tutta la serie 1,2,4,8. La particolarità di questa serie sta nel fatto che 9/8 corrisponde al salto di frequenza di un tono musicale, mentre 256/243 a un semitono, ossia la sequenza altro non è che la scala maggiore di Pitagora: Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do (2). In sintesi, con poche operazioni basiche Platone ha mostrato come si può costruire una sequenza ordinata, periodica e con riscontro nel mondo percettibile attraverso la musica. La bellezza e regolarità della sequenza sono la base per affermare che l’ordine del Demiurgo è buono e razionale. Il Demiurgo introduce nel mondo percettibile l’ordine intellegibile, dominando il caos. La logica è intrinseca nell’Anima Mundi, ossia nell’anima dell’Universo, in cui traspare come armonia. L’Anima Mundi quindi porta l’ordine armonico che regna sul cosmo e traspare nelle leggi e simmetrie che possiamo scorgere anche nella fisica moderna.
La logica intellegibile mette in movimento la struttura sferica dell’universo, secondo quanto spiegato dal Timeo, come segue. Immaginiamo la progressione matematico-armonica appena spiegata come una tastiera di pianoforte cosmica che replica la scala musicale all’infinito (3). Tagliamo longitudinalmente la tastiera cosmica in due strisce. Ogni striscia si chiude in se stessa, incollando le sue estremità e formando un cerchio. Ne risultano due cerchi, uno esterno ed uno interno, che formano un angolo (gli appassionati di astronomia sanno che l’angolo è pari a 23°27’). Il cerchio esterno è l’Equatore Celeste ed è detto cerchio dell’identità (ricordiamo i principi presenti nell’Anima Mundi). Questi definisce la sfera celeste delle costellazioni e ruota da est ad ovest, ossia secondo la direzione con cui le costellazioni appaiono muoversi nei cieli notturni. Il cerchio interno, relativo al principio della “diversità”, corrisponde astronomicamente all’Eclittica e ruota in direzione opposta al primo cerchio. Esso si divide internamente in sette cerchi concentrici con raggi proporzionali alla sequenza originaria delle potenze di due e di tre, ossia 1, 2, 3, 4, 8, 9, 27, corrispondenti rispettivamente a: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. Secondo la concezione pitagorica, i corpi celesti nel loro moto emetterebbero una musica non udibile all’orecchio umano, ma associabile alle sette note della scala maggiore. A ogni divinità planetaria fu associata una nota o una scala musicale che venne utilizzata nelle pratiche teurgiche del tardo mondo antico.
Il punto filosofico essenziale di questo insegnamento è che nel mondo esiste una regolarità matematica, un ordine cosmico, che è riflesso del mondo delle forme, intrinsecamente presente nell’Anima del Mondo grazie alla provvidenziale azione del Demiurgo. Il Cosmo quindi non è solo un corpo, ma ha anche un’anima e un’intelligenza (la logica stessa). Poiché noi umani abbiamo un’anima nei cui ingredienti ci sono gli stessi principi, possiamo comprendere la regolarità e la logica del cosmo, anzi la ricerchiamo e quando la troviamo ne siamo compiacenti. Questa è una visione che spiega il nostro innato amore per la conoscenza, per l’esplorazione, per la ricerca. Un grande risultato della filosofia platonica. Guardando il cielo vedremo l’azione provvidenziale del Demiurgo e l’armonia delle sfere, che con il loro moto generano niente di meno che il tempo stesso. Uno sconosciuto autore neoplatonico, qualche secolo più tardi, immaginò che il tempo dovesse dipanarsi ciclicamente dalle sfere planetarie seguendo il più armonico degli intervalli musicali, quello di quinta. Si generò la sequenza Luna -> Marte -> Mercurio -> Giove -> Venere -> Saturno -> Sole, che ha dato origine alla successione dei giorni della settimana.
Il Demiurgo ci ha trasmesso la perfezione attraverso l’Anima Mundi. Mai il cosmo è stato tanto profondo, mai il tempo tanto armonico.
Mario Basile
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(1) La media armonica, molto usata nell’architettura e nella scultura antica, matematicamente coincide con il reciproco della media aritmetica dei reciproci, ossia media_arm= 2/(1/A +1/B). La sua armonia risiede nel fatto che essa rappresenta quel valore tale per cui la proporzione con cui supera A è la stessa con cui viene superato da B. Sostituendo per esempio ad A e B rispettivamente 1 e 2 si ottiene 2/(1+1/2) = 2 / (3/2) = 4/3.
(2) Si tratta per l’esattezza della scala maggiore di Pitagora, in uso fino al medioevo. In seguito, verso il XV secolo, fu leggermente modificata in favore della scala temperata. Ai tempi di Pitagora, si parlava della lunghezza delle corde della lira piuttosto che della frequenza.
(3) Nella cosmologia moderna esiste una teoria che si basa su “stringhe” di lunghezza infinita che attraversano il cosmo e che vibrano. Il parallelismo è interessante ma non lo approfondiamo in questa sede.