Dal Rinascimento le strutture sono state chiamate “Grotte di Catullo” a indicare i vani crollati, coperti dalla vegetazione, entro i quali si poteva entrare come in cavità naturali.
Il riferimento a Catullo deriva dai versi del poeta latino di origine veronese, morto nel 54 a.C., che canta Sirmione, “gioiello tra tutte le isole e penisole dei mari e dei laghi”, nel cui territorio sono le “Grotte”.
“I primi scavi con finalità scientifiche del sito risalgono alla metà dell’Ottocento ma, solo dopo l’acquisizione pubblica dell’area fra il 1947 e il 1949, vennero eseguite ampie ricerche che portarono alla pubblicazione (1956) di una prima guida del complesso, correttamente interpretato come sontuosa villa romana. – dicono i responsabili dell’Area archeologica delle Grotte di Catullo e Museo di Sirmione -Direzione regionale dei musei lombardi.
Le indagini più recenti hanno permesso di precisare la cronologia della villa, costruita in età augustea (ultimi decenni del I secolo – inizi II secolo) ed abbandonata nel corso del III secolo, confermando che la costruzione attualmente in luce fu realizzata con un progetto unitario che ne definì l’orientamento e la distribuzione spaziale, secondo precisi criteri di assialità e simmetria.
Un sondaggio nel settore meridionale della villa ha infine accertato l’esistenza di alcuni vani pertinenti ad un edificio antecedente la grande villa, intenzionalmente abbandonato e demolito a livello delle fondazioni al momento della nuova costruzione”.
“La villa che possiamo oggi visitare copre un’area complessiva di circa due ettari. – proseguono gli studiosi dell’area archeologica sirmionese – Ha pianta di forma rettangolare (m 167 x 105) con due avancorpi sui lati brevi e si sviluppa su tre piani, di cui l’inferiore realizzato attraverso ingenti sbancamenti del sottosuolo roccioso e con possenti sostruzioni”.
“L’ingresso principale era a sud, verso la terraferma, e dava accesso al piano superiore residenziale e dotato anche di un settore termale. Allo stesso livello, lungo i lati lunghi, si sviluppavano, affiancati, loggiati e terrazze scoperte fino al belvedere proteso sull’acqua. Il settore centrale della residenza era invece occupato da un grande spazio aperto rettangolare di circa 4000 mq. Qui era il giardino, circondato sui lati da un porticato e suddiviso internamente da vialetti ed aiuole. Pitture parietali ci restituiscono l’immagine di simili aree a verde, mantenute ben curate e con vegetazione rigogliosa”.
“Un sistema di rampe e di scale consentiva di scendere ai piani inferiori, per lo più destinati ad ambienti di servizio, e di accedere alla spiaggia sulla punta della penisola. Il lato lungo occidentale del piano intermedio è occupano dal grande criptoportico, in larga parte ricavato scavando il banco roccioso naturale, che consentiva ai proprietari della villa di passeggiare anche nelle giornate di cattivo tempo o evitando la calura estiva”.
“Dopo l’abbandono dell’edificio nel III secolo d.C., il sito ormai in rovina, in virtù della sua collocazione strategica e del suo ruolo di punto di controllo visivo di gran parte del Lago di Garda, fu inserito nella struttura difensiva che circondò la penisola (fine IV-inizi V secolo d.C.).
A partire da questa stessa epoca le rovine della villa accolsero una necropoli”.
In questo video l’incanto delle “Grotte”: https://youtu.be/JshBbmeKTFk?list=PLNCxrYPsIjy_4RZj3XJOJC9ewIlqc09Ej
Fonte: www.stilearte.it