La magica suggestione delle misconosciute cisterne romane di Fermo


a909bc5b-cbe6-4725-85e6-1545e9ab995aVi si accede da via Degli Aceti attraverso un corridoio medievale, nei sotterranei dell’antico convento dei Domenicani. E lo stacco dall’angusto al maestoso è fulmineo, inatteso.

L’effetto è stupefacente e suggestivo, quasi magico: archi uno dentro l’altro che quasi si perdono a vista d’occhio, un religioso silenzio espanso che ti avvolge, il ticchettio di qualche goccia d’acqua.

Ecco le cisterne romane di Firmum Picenum (Fermo).

Mentre incantato guardi le pietre che parlano, pensi alla grandezza ingegneristica dei nostri antenati romani che anche per una piccola cittadina erano capaci di ideare e costruire complessi di approvvigionamento idrico di grande qualità e funzionalità.

Duemila duecento metri quadri di superficie, compresi i muri perimetrali, una pianta rettangolare di 65,12 x 29 metri e trenta stanzoni comunicanti disposti su tre file parallele.

Si tratta di uno degli esempi più grandi e meglio conservati al mondo di serbatoi romani per la raccolta dell’acqua, secondi solo a quelli, famosissimi, di Istambul/Costantinopoli.

Raccoglievano acqua piovana, sorgiva e di falda, dal colle Girifalco, dove attualmente è costruita la cattedrale, e rifornivano d’acqua la parte bassa della città e il porto.

La struttura è realizzata in opus caementicium composto da sassi, sabbia e calce; il calcestruzzo (cemento) è presente nelle pareti perimetrali e nei muri interni, nelle volte e nel pavimento.

Il pavimento, i muri perimetrali e la parte bassa dei muri interni (fino al 60/70 centimetri) sono coperti con una parte di calcestruzzo impermeabilizzante (cocciopesto, cemento con frammenti di mattoni tritati). L’altezza del cocciopesto su questi muti indica il livello dell’acqua in epoca romana che ne consentiva l’ossigenazione e la potabilità.

L’acqua entrava nelle cisterne attraverso le aperture nelle pareti perimetrali: i dodici pozzetti quadrangolari posizionati in altrettante volte venivano aperti per consentire l’ingresso di aria pulita e acqua piovana; superiormente i pozzetti erano sigillati da chiusini in calcare che si incastravano nel lastricato esterno di copertura. L’acqua sorgiva invece entrava attraverso le aperture rotonde poste nei lati lunghi della struttura, ad un’altezza di circa sei metri

L’ingresso originale romano, utilizzato per la manutenzione, era posto sul lato corto del parallelepipedo, in corrispondenza della stanza 13. In un altro locale, la stanza 5, sono ancora visibili due tubi in piombo di uscita dell’acqua. Il pavimento di alcune sale è sprofondato di 15/20 centimetri, probabilmente a causa di uno smottamento e tre colonne sono state inserite negli anni Sessanta del secolo scorso come inforzo alla struttura. La suggestiva visione prospettica delle stanze della fila centrale è possibile dalla stanza 3.

La mappa della cisterna di Fermo. Le stanze numerate sono quelle visitabili. L'ingresso attuale al complesso è in posto basso nella foto
La mappa della cisterna di Fermo. Le stanze numerate sono quelle visitabili. L’ingresso attuale al complesso è in posto basso nella foto

Nel pavimento della tre stanze centrali è presente un canale utilizzato per la pulizia che si depositava che finisce in un condotto collocato vicino alla scala d’ingresso.

Fermo fu fondata dai romani nel 264 prima dell’Era comune: molti territori cittadini vennero affidati ai legionari veterani come ricompensa da Ottaviano Augusto. Di conseguenza la popolazione aumentò considerevolmente e da questa inurbazione, probabilmente, deriva l’imponenza del complesso di cisterne per la conservazione e distribuzione dell’acqua.

Nel medioevo, tuttavia, il complesso finì in disuso. Solo successivamente alla costruzione del sovrastante convento domenicano, alcune stanze vennero usate dai monaci come cantine e come strutture per la produzione del vino: nella stanza 2 infatti si conservano ancora due vasche di fermentazione mentre al centro è presente il basamento per la pressa di legno.

Tra il 1896 e il 1980 sei stanze furono isolate dalle altre e riutilizzate come serbatoio del moderno acquedotto della città.

Successivamente, dismesso il deposito, la struttura al completo è stata riaperta al pubblico.

Non guasterebbe che il comune di Fermo investisse su questa meraviglia architettonica sconosciuta ai più, magari prendendo esempio quanto fatto (da una ditta italiana: https://www.archeomedia.net/istanbul-turchia-riapre-la-cisterna-basilica-grazie-a-unalleanza-italo-turca) a Istanbul, dove l’illuminazione, completamente rivista rende ora quel luogo assolutamente magico e degno della sua fama.

P.C.

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Queste ultime due fotografie rappresentano la cisterna di Istambul
Queste ultime due fotografie rappresentano la cisterna di Istambul