Legittimità di un’azione tradizionale romana: c’è qualcuno più eguale di altri?

L’avvocato Giandomenico Casalino, filosofo della Tradizione nonché nostro storico collaboratore, puntualizza dalla testata del Movimento Tradizionale Romano sull’intervento dell’Associazione Romània Quirites  “Il problema del ricollegamento ideale alla romanità”   del 1° luglio scorso (pubblicato come estratto di Saturnia Regna n° 66).

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La finalità di questo breve intervento, privo di qualsiasi vis polemica, è solo quella di tentare di collocare al loro posto o di ordinare secondo il loro intrinseco valore gerarchico, le “cose” essenziali della comune dimora che tutti osiamo appellare Tradizione. L’occasione ci viene offerta da uno scritto pubblicato dalla Rivista “Saturnia Regna” che merita, a nostro avviso, di essere degnato di qualche attenzione.

In buona sostanza, riteniamo che la tesi esposta dall’autore del saggio, è – non dal nostro punto di vista che non gode di alcuna rilevanza, attesa la impersonalità tradizionale a cui intendiamo attenerci, ma secondo il dettato dei Principi fondamentali della dottrina metafisica tradizionale – viziata da una intrinseca contraddizione che nega radicalmente e platealmente quegli stessi Principi. Inoltre, circostanza questa palesemente aggravante, il tutto viene accompagnato da una smoderata rivendicazione di un esclusivo jus agendi cum Diis, che appare molto vicina al concetto ellenico di hýbris che, ci sembra, essere molto poco tradizionale.

Nello scritto, infatti, si afferma apoditticamente che, nell’ambito della vexata quaestio di una tradizione romana nel tempo attuale, è errato pensare ed affermare che “… i rituali, le consuetudini cultuali, giuridiche e morali …”, che è come dire la dimensione esclusivamente religiosa del Sacro, dimensione che è custode e vettore dello stesso, sia soggetta al tempo, essendo manifestazione fenomenologica di natura storico-culturale e quindi formale, di un Principio di natura assiologica e quindi metafisica che è al di là del tempo e che è l’autentica dimensione di ciò che si definisce Tradizione. Pertanto nello scritto si conclude dichiarando che quei “rituali, consuetudini cultuali, giuridiche e morali”, non appartenendo alla dimensione temporale di natura storico-religiosa ma bensì alla “eternità”, possono e debbono essere oggetto di “trasmissione” (proprio nel senso del tradere!) tradizionale, ovviamente legittimata da una regolarità iniziatica che, ictu oculi, fa letteralmente a pugni con i concetti medesimi di “rituali, consuetudini cultuali, giuridiche e morali”, atteso il differente livello spirituale dei due dominii. Ma nel saggio in oggetto c’è di più: ivi si conclude, infatti, in guisa altrettanto apodittica e perentoria, dichiarando che solo l’autore dello scritto avrebbe “risolto” la quaestio dell’attuazione della tradizione romana nel tempo attuale e che sarebbe giunto a tale “straordinario” traguardo proprio ed in virtù del discorso e delle convinzioni da noi in sintesi sopra riferite. Ovviamente in ciò, sempre l’autore dello scritto, ha immediatamente palesato il possesso di un preteso jus escludendi omnes alios, rivendicato con forza nei confronti di tutti coloro che, “osando”dichiararsi tradizionalisti romani nel tempo attuale, ma non avendo però provveduto al “disciplinato” allineamento ed accettazione del discorso de hoc, non possono che restare, a suo dire, solo delle ridicole manifestazioni da “luna park” della romanità composto da “templi” e “bottegucce varie”.

In primis, è da dire che la cosa che più lascia stupiti in tale approccio è la “tranquilla” non consapevolezza di stare ad affermare, a fondamento logico-argomentativo di tutto il discorso così come esposto, “qualcosa” che nega alla radice il concetto medesimo di Tradizione quale Realtà metafisica e quindi essa solo Eterna, in  quanto vertice della Piramide, poiché lo si degrada e lo si cala nella dimensione esclusivamente religiosa, facendolo assorbire dalla stessa. E’ questa un operazione ideologica che mira ad annullare qualsiasi dimensione interna, esoterica, eterna e per questo finalizzata alla identificazione iniziatica che è l’essenza della Tradizione stessa e che contiene la Religione medesima come la Metafisica contiene ed è al di là del Rito, del Simbolo, della cultualità e dello effettuale rapporto pisichico-coscienziale  e quindi duale con il Divino, che sono precipue della dimensione animico-emotiva del Religioso tanto quanto invece il Metafisico è ontologicamente consustanziale con lo Spirito quale Nous cioè Intelletto che è il  Divino, quale alta e vera natura dell’uomo. Qui viene, insomma, “cancellata”, con un tratto di penna, la ragione medesima della Tradizione come concetto, nella guisa in cui sia Guenon sia Evola, pur con alcune non discriminanti differenze, lo hanno tematizzato e trasmesso!

Pertanto, tale argomentazione contraddice il Principio fondamentale e distintivo di ogni Civiltà tradizionale e cioè quello della buccia (essoterico) e del nocciolo (esoterico) e quindi della differenza radicale e, nello stesso tempo, vitale, sussistente tra la dimensione essoterica che è nel tempo ed è del tempo e la dimensione esoterica che è al di là del tempo e non è del tempo; e tutto ciò lo si può definire solo un degradare il Metafisico-esoterico al livello religioso-cultuale-essoterico che è come dire degradare lo Spirito, l’Intelletto e l’intuizione intellettuale, che è per sua natura identificante (per dirla con Guenon!), nella realtà animico-coscienziale che è il rapporto duale di “Io e Te”, ed è commesso, nella sua enorme gravità, come “mezzo” per giungere ad un fine che è quello di poter affermare che “rituali, consuetudini cultuali, giuridiche e morali”, essendo la stessa cosa del Principio metafisico della Tradizione, dai quali si è  preteso che sia stato “assorbito”, sono, pertanto, “abilitati” alla realizzazione della “connessione” con le forme storiche, rituali della Tradizione romana, avendo queste, come si conclude nel saggio, un “valore eterno essendo valide nella perpetuità”!

Se siamo, come siamo, nella piena ed esclusiva esaltazione infatuante del Religioso, gettando in cantina i Guenon, gli Evola, gli Schuon, i Reghini, i de Giorgio e tutta la cultura tradizionale, che è come dire la complessità organica dell’uomo quale microcosmo di Spirito, Anima, Corpo; ciò lo si può anche fare! Però tale legittimazione ha un ovvio prezzo: essa implica l’assunzione piena della responsabilità (che è l’obligatio del respondere!) di ciò che si fa e dei medesimi risultati che si ottengono: nelle Scienze dello Spirito, come dovrebbe essere conosciuto e non noto, non è questione del metodo o della via, ma di ciò che si cerca di essere e quindi di realizzare; ragion per cui nessuno, però, può autolegittimarsi, ponendo se medesimo nella “regolarità” rituale e quindi legittimante, per giunta, diremmo cristianamente, arrogandosi, come accennavamo, un jus escludendi omnes alios, poiché si sarebbe in possesso esclusivo di una “connessione” speciale e privilegiata con i Padri o con gli Avi! Anche tale problematica, relativa alla regolarità trasmissiva e quindi alla legittimazione tradizionale, cioè iniziatica, è affrontata nello scritto in questione in quanto effettuale a tutto il discorso predetto, nella più totale e palese contraddizione in  ordine ad un giudizio molto importante e fondamentale, espresso dallo stesso Guenon, sulla non esistenza di qualsiasi regolarità iniziatica al di fuori della ritualità Massonica e che solo quest’ultima può trasmettere la virtualità alla Conoscenza del Principio; e tutto ciò proviene da chi tiene in grande considerazione Guenon o, almeno, così appare!

Noi, dinanzi a tali e tante contraddizioni e palesi negazioni dei fondamenti medesimi del concetto di Tradizione, non possiamo che dirci  serenamente e fermamente consapevoli di quanto il Demone avuto in sorte ci detta, da prima della nascita, intorno all’autentica Via della Tradizione classica greco-romana che è il Platonismo come Rito filosofico interiore in quanto certamente situato al di là del tempo e dello spazio, poiché sintesi divina e metafisica che è l’Uno-A-pollòn (assenza dei Molti) che riappare come il Medesimo,  dopo il tramonto dell’Ellade, nella stessa essenza metafisica della Romanità e che si coniugano, sempre nella dimensione dell’Eterno e quindi dell’essenziale, che è lo Spirito, e non di ciò che è transeunte, con la medesima Tradizione ermetica, la quale è la Lingua sacra, il Fas del Jus o il Dhàrman del Rtà della stessa Romanità come del Platonismo e, quindi, la Luce originaria della Tradizione primordiale indoeuropea… e il Cerchio si chiude, mentre se ne apre un altro ed un altro ancora… ed è il Circolo dei Circoli che è l’Assoluto secondo Hegel!

Addenda.

Dinanzi alla montagna, al suo maestoso ergersi sopra la Terra, svettando verso il Cielo, quasi a volerlo “toccare”, si possono assumere tre stati dello spirito: o la si contempla o la si scala oppure le si voltano le spalle e si prosegue il proprio percorso nella pianura…! Così va detto in ordine a quel passo di Evola (Cavalcare la tigre, Milano 1971, p. 13), riportato nello scritto suddetto; passo, dinanzi al quale non si può che tentare o di contemplarlo oppure si può tentare di viverlo, realizzando la “scalata” dello Spirito oppure, tertium datur, far finta che non esista e proseguire il cammino; ma non può essere consentito a nessuno, a nostro parere, il travisamento del suo contenuto, osando affermare che non si tratta di una montagna, ma, bensì, di una collinetta! In quel passo vi è tutta la potenza evocativa del Destino dell’Età Oscura e dell’unica Via privilegiata, magica, eccelsa ed eroica della vera Gnosi, che ha dinanzi colui il quale sia capace di liberarsi dal legame religioso poiché comprende il senso universale e profondamente esoterico di ciò che affermò Plotino, rispondendo ad un discepolo che lo invitava a partecipare ai riti ed alle cultualità religiose pubbliche: “Non io devo andare agli Dei ma gli Dei venire a me!” (Porfirio, Vita di Plotino, X).

Giandomenico Casalino