Intervista a Paolo Casolari del Movimento Tradizionale Romano
04 Giugno 2019
(ASI) Roma – Il Movimento Tradizionale Romano è la più longeva associazione/comunità religiosa italiana che coltiva la Via Romana al Sacro. Con sede a Roma, fondato nel 1989 e presieduto oggi da Daniele Liotta, il sodalizio svolge anche attività divulgativa attraverso il portale www.saturniatellus.com e iniziative culturali-editoriali. Ne parliamo con il portavoce dottor Paolo Casolari, giornalista, saggista e curatore del sito.
– Che cosa è il Movimento Tradizionale Romano e quali sono le sue finalità? Perché avete chiamato il vostro portale di informazione “Saturnia Tellus”?
“Siamo una comunità spirituale che coltiva la religione romano-italica. Questa tradizione per noi è una casa comune di spirito, vissuto, lingua, costume che ricuce un legame mai morto e che ci lega l’un l’altro, come in cordata. Non abbiamo fatto una scelta al market dello spirito e non si tratta di libera adozione di un credo. E’ la tradizione che, in un certo senso, ci ha scelto. Negli anni, in momenti diversi, è affiorato in tutti noi un “ricordo” che ci ha spinto a vedere le cose in modo diverso. Sono come fiammate che ti accendono dentro la bellezza di “ora-come-allora”: penso che abbiano agito in noi sia la necessità, sia la memoria. E così ci siamo ritrovati.
Saturnia Tellus è la terra di Saturno, il Lazio, la mitica Tirrenide e dunque l’Italia, la nostra dimora spirituale e fisica che vede il suo onfalo in Roma”.
– Quali sono le attività che portate avanti?
“Innanzitutto cultuali, Abbiamo recuperato una profondità spirituale, dimenticata dai più, che teniamo viva celebrando ritualmente, in coerenza con i testi classici, le feste dell’antico calendario romano – che è poi il calendario che fissò Giulio Cesare e che oggi scandisce il tempo nel mondo e ha i nomi di divinità romane nei mesi e nei giorni. Festeggiamo pertanto le Calende-primo giorno del mese; le Idi-plenilunio di metà mese; il 1° marzo-Capodanno sacro; le Idi di marzo in memoria di Cesare; il Natale di Roma del 21 aprile; i Solstizi d’estate e d’inverno, la Triade Capitolina il 13 settembre, i Saturnali di dicembre, Il Natale del Sole invincibile il 25 dicembre.
Inoltre dedichiamo parte del nostro tempo allo studio delle fonti classiche e alla divulgazione, attraverso il portale www.saturniatellus.com, mentre sul fronte editoriale abbiamo ripubblicato Pax Deorum, la religione prisca di Roma, di cui è autore il nostro cofondatore, il compianto Salvatore Ruta”.
– Come possono coniugarsi i riti degli antichi Dei con la fine della Res Publica romana?
“Gli antichi riti sono stati sempre il fondamento, il coagulo, il cemento che ha assicurato la tenuta della Res Publica attraverso la Pax Deorum Hominumque: basti pensare alle guerre sannitiche e alle guerre puniche, dove Roma rischiò la capitolazione più volte. Non a caso Augusto recuperò, consolidò e rilanciò dopo la fine della guerre civili che dissanguarono la vita della repubblica nel primo secolo avanti l’era comune i riti e il Mos Maiorum, garantendo al Principato ben oltre un secolo di pace e prosperità”.
– Cosa succede secondo lei verso la fine del IV secolo d.C., quando Teodosio decide vietare gli antichi culti? Cosa avrebbe spinto secondo lei l’Imperatore a prendere questa decisione così drastica e in contrasto con la tradizione romana? Tutto ciò è stato determinante per la caduta della Res Publica romana in Occidente?
“Il IV è il terminale di due secoli di picchiata causata da una serie spaventosa di pestilenze, cataclismi e invasioni di popoli che, a partire dalla cd. peste Antonina (leggi vaiolo, che uccise anche Marc’Aurelio e Commodo), avevano progressivamente devastato l’organizzazione dell’impero dimezzando le popolazioni, le legioni, impoverendo le città e, alla lunga, mettendo a rischio anche la tenuta psicologica complessiva. Teodosio fa pertanto una (scellerata) scelta utilitaristica, rimettendosi mani e piedi ai cristiani, i quali, offrendo la salvezza spirituale a tutti, erano ormai maggioritari nelle già provate coscienze della popolazione romana e garantivano coesione. Tutto ciò ha sì segnato la fine della Res Publica romana in Occidente, ma la circostanza straordinaria è che la struttura organizzativa romana, che poggiava sull’intreccio tra funzioni politiche, militari e religiose-pagane in un’unica spira d’acciaio, ha retto ancora per oltre due secoli dopo Marc’Aurelio nonostante i titanici colpi di maglio subiti”.
– Come sarebbe cambiata secondo lei la storia dell’Impero Romano, dell’Europa e dell’Italia se la religione tradizionale romana se Arbogaste e Flavio Eugenio avessero vinto la battaglia del Frigido?
“Era troppo tardi. Credo che la vittoria sul torrente Vipacco, da parte delle legioni pagane, avrebbe solo arginato di un po’ l’alluvione in corso”.
– Secondo notizie che voi avete, gli antichi culti tradizionali per quanto tempo sono andati avanti in Italia dopo il divieto di culto anche privato del 394 d.C.?
“Gli antichi culti non sono mai cessati. Addirittura alcuni importanti rituali pubblici, ad esempio i Lupercali, si sono celebrati in Italia ancora per due secoli dopo l’editto.
Quanto a una catena privata di trasmissione della Tradizione romana, l’Aeternitas Romae, questa ha attraversato faticosamente i secoli bui, ha sfiorato Dante, e Federico II, il Pitagorismo, il Ghibellinismo, l’Ermetismo, la Schola Italica, è riapparsa essotericamente con Giorgio Gemisto Pletone, Giulio Pomponio Leto ed è stata coltivata da tradizionalisti come Amedeo Armentano, Arturo Reghini, Julius Evola e da sodalizi, come il Gruppo di Ur e, successivamente, il Gruppo dei Dioscuri. E se anche volessimo postulare che la fiamma di Roma si sia apparentemente e fisicamente spenta, è stata comunque sempre riattizzata in spirito e in pratica. Ciò che è eterno non può morire”.
– Perché e come un uomo dotato di una certa visione spirituale della vita, può oggi avvicinarsi al mondo del Movimento Tradizionale Romano?
“Perché è impagabile recuperare la freschezza delle nostre radici, la religione dei nostri antenati e perché la tradizione romana ti restituisce dignità e libertà verso il sacro. Roma è divina, eterna, universale, il suo nome è una magia ed è l’avvenimento storico più grande e meraviglioso dell’umanità, che non subisce altro confronto, se non con l’universo. E’ un fascino che meraviglia e abbaglia nella sua trasformazione religiosa e civile.
Non facciamo dunque archeologia, né riti occulti o esotici. Nella nostra sede/sacello di Roma pratichiamo un rito rivolto al benessere delle persone, delle famiglie allargate, come la nostra. Un rito privato, diverso da quello pubblico – ramo dell’Amministrazione dedicato al benessere della Res Publica dove i magistrati erano anche sacerdoti – oggi impossibile per l’assenza dello Stato romano.
Celebriamo in maniera sobria, senza segreti: tutto è molto semplice: bastano scrupolo, purità dell’esecutore e del luogo e rispetto dei testi tramandati. Non c’è devozione passiva, tu sei il sacerdote di te stesso, sei in piedi, all’incrocio dei quattro punti cardinali, sull’asse tra cielo e terra, e sei responsabile del rapporto col divino, con le potenze nella natura. L’azione spirituale che eserciti è innanzitutto rivolta verso te stesso, verso la parte caotica che ti si agita dentro. L’usarla ti porta armonia e ordine. I nostri riti sono il sì alla vita e rinnovano l’invocazione al genio di Roma che sotto l’azzurro cielo d’Italia ebbe i suoi natali ed esplica il suo magistero”.
Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia