E’ il 21 aprile 1940: Mussolini, accompagnato dal Ministro dell’Educazione Nazionale Bottai, inaugura a Nemi il museo progettato per custodire le due enormi navi recuperate dal fondo del lago. È il traguardo di una ciclopica impresa che ha visto, in rara convergenza di intenti, la collaborazione tra enti pubblici ed aziende private.
Si realizzava, dopo secoli di inutili tentativi, un sogno grandioso che aveva tormentato alti intelletti di umanisti – da Leon Battista Alberti a Francesco De Marchi – che pur si erano avvicinati alla soluzione del mistero ma senza risolverlo, alimentando le più fantasiose dicerie.
Ora, finalmente, si era in grado di dare risposte precise a tante domande rimaste per secoli insoddisfatte. Si sapeva, finalmente, il nome di chi aveva avuto l’insolita idea di far galleggiare su un angusto specchio d’acqua imbarcazioni di inusitate dimensioni, e comprenderne gli scopi; inoltre, si potevano approfondire le conoscenze sulla tecnica navale degli antichi romani, apprezzandone una volta di più l’ingegno.
Tra l’altro, si rinvenne un’ancora in ferro con guaina in legno e dotata di ceppo mobile, del peso di 414 chili: una scoperta che vanificò la pretesa della marina britannica, che ne deteneva il brevetto dal 1852 con la denominazione di “Ancora dell’Ammiragliato”, avendone attribuito l’invenzione al capitano inglese Rodger. Pertanto, con Foglio d’Ordini del gennaio 1938, ne fu cambiato il nome in “Ancora romana”.
Nel libro di Ernesto Zucconi “Caligola e le navi di Nemi-Cronaca di un’impresa archeologica e della sua nemesi” (NovAntico Editrice), corredato di ampia documentazione, scorrono duemila anni di storia attraverso i quali si intrecciano miti, leggende, iniziative ambiziose quanto vane per venire a capo dell’enigma, in un affresco dove la scienza, l’archeologia e le arti svolgono il ruolo di interpreti.
Il finale sarà tragico. Come se una maledizione le avesse perseguitate, quelle navi che per una breve stagione avevano galleggiato sulle placide acque del lago, dalle medesime acque furono inghiottite rimanendo nei fondali per quasi duemila anni. Riportate alla luce, per pochissimo tempo poterono essere ammirate, destando lo stupore di studiosi e turisti giunti da ogni dove: nella notte tra il 31 maggio e il 1º giugno 1944, un violento incendio le ridurrà in cenere.
Il volume di Zucconi pè stato presentato a Roma l’8 novembre 2018 presso il Salotto letterario “Giano Accame“, in collaborazione con il Movimento Tradizionale Romano.
La Redazione