Come crebbe e sfumò il sogno pagano del Rinascimento italiano

Verso il Misticismo Neoplatonico. Un percorso filosofico (XVI parte)

La villa del Cardinal Bessarione posta sul tratto urbano dell'Appia Antica a Roma. E' considerata la più antica villa romana del Rinascimento. Sorta su strutture sepolcrali romane del I sec. a.C., acquista la sua fisionomia attuale nel 1450
La villa del Cardinal Bessarione posta sul tratto urbano dell’Appia Antica a Roma. E’ considerata la più antica villa romana del Rinascimento. Sorta su strutture sepolcrali romane del I sec. a.C., acquista la sua fisionomia attuale nel 1450

O Diespiter Maximo, Optimo, & Omnipotente, & Opitulo. Si dalli diuini suffragi la humanitate per iuste prece merita suffragio, & debi essere esaudita, al præsente di qualunque fragile offensa dolente, te supplice inuoco Summo Patre degli superi, medioximi, & inferi æterno rectore, che da questi mei mortali pericoli & præsente horrore, me ad la tua immensa Deitate piaqui liberare, & finire questa mia dubiosa uita per altro megliore fine.

O execrabile & sacrilega barbarie, come hai exspoliabonda inuaso, la piu nobile parte dil pretioso thesoro & sacrario latino, & larte tanto dignificata, al praesente infuscata da maledicta ignorantia perditamente offensa. La quale associata inseme cum la fremente, inexplebile, & perfida auaritia, ha occæcato quella tanto summa & excellente parte, che Roma fece & sublime & uagabonda Imperatrice.  

[Poliphili Hypnerotomachia di Francesco Colonna, edizione 1499]

 

Il Rinascimento è un fenomeno italiano nel bene e nel male. Nel bene, in quanto rappresenta la manifestazione del genio creativo italico, che riaffiora non a caso quando si ricorda delle sue radici romane e pagane. Nel male, per aver condotto, attraverso la sua mirabile sintesi del mondo classico con le aspirazioni del tempo, a compromessi e forzature che alla fine hanno svuotato di contenuti il politeismo del mondo antico per renderlo un semplice svago per nobili annoiati o un ideale irrealizzabile di filosofi e sognatori.

Eppure le premesse erano state grandiose (1).

Per secoli la chiesa aveva eliminato ogni memoria del politeismo classico, con l’eccezione della figura di Ercole, raffigurato nelle chiese del medioevo come simbolo della “fortitudo”. Nel 1345 fu ritrovata a Siena una statua di Venere con un delfino. Occorre soffermarsi per comprendere lo shock culturale di una società abituata all’oscurantismo medievale con lo stereotipo della donna sottomessa, asessuata, con spine, addolorata, trafitta e lacrimante, ma soprattutto vestitissima (si pensi alle rappresentazioni di Santa Caterina da Siena), di fronte alle forme sinuose piene di platonica grazia con l’erotismo primordiale, quasi innocente, della dea dell’amore, l’indomita potenza femminile. Inizialmente, nonostante i richiami del neri curati, la statua fu grandemente ammirata e posta nella piazza della città. Tuttavia il popolo si rese conto della potenza di quell’immagine e ne ebbe paura, a tal punto da decidere qualche tempo dopo di rimuoverla dal sito, farla a pezzi e seppellirne i resti nel territorio della rivale Firenze.

Pomponio Leto
Giulio Pomponio Leto

Dopo questo incontro ravvicinato del terzo tipo, si destò un interesse crescente in tutta la penisola per il mondo classico, così che cent’anni dopo l’Italia, a differenza del resto d’Europa, riaccettava il linguaggio pagano nell’arte, nell’architettura, nella letteratura e persino nelle rappresentazioni festive. Per esempio nel carnevale del 1433 a Ferrara, il poeta siciliano Giovanni Marrasio organizzò una mascherata mitologica, accompagnata da un’elegia, alla corte di Niccolò III. Se da una parte il carnevale forniva una giustificazione per l’evento, dall’altra l’intento andava molto oltre alla carnevalata. “In testa al corteo degli Dei procedeva Apollo con un mantello aureo. Seguiva Bacco ebbro e barcollante, impersonato dallo stesso Marrasio. Poi il barbuto Esculapio, Marte e Bellona, Mercurio con le ali ai piedi. Priapo con una canna fissata al capo, una Venere di adeguata avvenenza, e il figlio Cupido, che scoccava dardi d’oro e di piombo; le Furie terribili e le tre Parche. Ancora Ercole con la pelle di leone, e con la clava in mano. Alla fine del corteo Cupido recitava un’elegia di fronte al principe” (2).

In un’epoca senza internet e telefoni, le distanze geografiche tra i popoli erano autentiche barriere. Pletone proveniva da una Grecia che era monoliticamente sotto l’egida del cristianesimo ortodosso. Possiamo solo immaginare lo stupore del filosofo quando giungendo in Italia per il concilio di Firenze, si ritrovò immerso in un inebriante clima di riscoperta del mondo classico, con manifestazioni analoghe a quella appena descritta. Forse Pletone in Italia trovò la motivazione e l’entusiasmo per scrivere la sua grande opera di riforma pagana “le Leggi”, di cui abbiamo trattato nell’articolo precedente.

Il Rinascimento dunque recuperò le forme pagane e la filosofia neoplatonica, dando origine a due centri che ne lo promossero ulteriormente: l’accademia di Firenze di Ficino e l’accademia di Roma di Giulio Pomponio Leto, quest’ultima legata al cardinal Bessarione, amico di Pletone. L’accademia di Roma ripropose rituali antichi e lo stesso Pomponio si proclamò Pontifex Maximus in senso pagano. Ovviamente il Vaticano non poteva tollerare che una simile scintilla, attinta dall’eterna fonte di Vesta, potesse infiammare e carbonizzare secoli di menzogne cristiane, per cui papa Paolo II ordinò di catturare e torturare gli appartenenti all’accademia, i quali, avvisati probabilmente da Bessarione, riuscirono in gran parte a mettersi in salvo in altri paesi europei. Tra questi, Filippo Buonaccorsi, detto Callimaco, fuggì prima in Grecia, passando per Cipro, Rodi, l’Egitto e Costantinopoli (già sotto i Turchi) per giungere in Polonia alla corte di Casimiro IV Jagellon. Divenuto tutore dei figli di Casimiro, li introdusse al mondo classico fondando, con Conrad Celtes, l’accademia Polacca “Solidas Litteraria Vistulana”, da cui in seguito fiorirono altre accademie lungo il Reno, il Danubio e sul Baltico. Il Rinascimento si estese anche in Francia e nell’impero Asburgico, dove le antiche forme pagane furono assunte come simbolismo di corte. Gli unici paesi in Europa dove il nuovo paradigma non fu accolto furono l’Inghilterra, per la paura che era restata a corte dopo le stravaganze di Enrico VIII, la cattolicissima Spagna, l’Ungheria in guerra contro i Turchi, e la già citata Grecia, ostaggio della chiesa e refrattaria ai nuovi movimenti culturali europei.

Intanto in Italia si riscoprivano e si reinventavano le forme classiche nella scultura, nell’architettura, nella pittura e anche nella poesia e nella prosa: Francesco Colonna scriveva la “Poliphili Hypnerotomachia”, opera che possiamo sicuramente definire pagana, dove non compare un singolo accenno al cristianesimo.

Se inizialmente il carattere del Rinascimento era così pagano da dare spunto a tentativi di restaurazione dell’antica Religio ed alimentare un serio dibattito filosofico attraverso le accademie, già nel Cinquecento la simbologia appare svuotata dei contenuti pagani, a tal punto da far sì che il papato affidi al neoplatonico Michelangelo Buonarroti l’affresco della Cappella Sistina. Nulla di nuovo per una chiesa che si era già impossessata secoli prima del paganissimo titolo del Pontifex Maximus. Ormai il contenuto pagano si stava estinguendo a favore del Manierismo.

È oltremodo difficile dare una valutazione sul Rinascimento, secondo la prospettiva del politesimo antico. Julius Evola per esempio ne diede un giudizio negativo proprio per il fatto che il Rinascimento utilizzò le forme più decadenti dell’antichità, trascurando le sacre immagini originarie piene di elementi sovra personali, asservendo così l’arte all’esaltazione dell’individuo piuttosto che alla riscoperta dell’antico divino.

Forse, piuttosto che dare un giudizio che penalizzerebbe l’innegabile espressione geniale del Rinascimento e delle sue personalità più autenticamente pagane, sarebbe opportuno chiedersi su quali siano le cause di questo avvenuto distacco delle forme dai contenuti.

Se da una parte la potenza della chiesa faceva sì che ogni espressione di paganismo venisse giustificata come “evento culturale” piuttosto che spirituale, dall’altra è anche vero che la conoscenza del mondo antico era praticamente limitata ai pochi scritti disponibili e alle statue ritrovate. Mancava certamente tutta la conoscenza archeologica.

La realtà è che noi al giorno d’oggi ne sappiamo molto di più sul mondo antico di quanto se ne sapesse alla fine del medioevo. Se nella Siena di oggi si ritrovasse una statua di Venere, questa sarebbe compresa e apprezzata non come un reperto alieno, ma come giustamente un pezzo della nostra essenza italica e sicuramente nessuno la farebbe a pezzi, ma sarebbe custodiata con l’attenzione che merita.

Dal punto di vista religioso, chi oggi vuole praticare le antiche vie, può farlo in maniera coerente e precisa, senza incorrere nelle imprecisioni e nella decadente nostalgia Rinascimentale, che spesso anche sotto i migliori propositi terminava in carnevalate. Oggi il Ricostruzionismo è possibile, grazie all’enorme bagaglio di conoscenze acquisito: l’entusiasmo di chi segue le antiche vie è ben supportato dalla conoscenza che ha riempito il buio dei secoli. L’entusiasmo che traspare in molte opere pagane rinascimentali, tra le quali anche quella di Pletone, soffre proprio della mancanza di continuità culturale con il mondo antico, una continuità che oggi possiamo recuperare grazie a una conoscenza maggiore.

Entusiasmo, come spinta provvidenziale, e conoscenza, come recupero della Tradizione, per rinnovare ed alimentare la Romanità dall’inestinguibile fonte prisca. La base del Nuovo Rinascimento.

Fori Hadriani scripsit, Kal. Mai MMDCCLXXI

Mario Basile

  1. Si consiglia “the Pagan Dream of the Renaissance”, Joscelyn Godwin, ricco di informazioni
  2. “Storiografia Umanistica e Spettacolo del Rinascimento”, Raimondo Guarino.