Teurgia di Giamblico: l’anima incarnata (e una replica a chi ci tira per i capelli)

pitagoraVerso il Misticismo Neoplatonico. Un percorso filosofico (XIII parte)

Secondo la filosofia platonica, la condizione per la nascita di una persona è l’incontro di un’anima con un corpo. Qual è la relazione dell’anima con il mondo materiale? Si lega completamente al corpo, dopo aver attraversato le sette sfere planetarie? Oppure una parte dell’anima resta incontaminata, lassù, da qualche parte, aspettando di essere ricordata dalla persona che sta combattendo nella quotidianità del mondo sublunare? È sorprendente come la risposta a questa domanda possa avere grandi implicazioni sulle nostre pratiche religiose.

Plotino sosteneva che la parte più pura dell’anima rimanesse nei cieli, staccata dal corpo e dalla materia, che invece rappresentava un peso, un male per la confusione provocata nell’anima attraverso le percezioni. Questo pensiero, che probabilmente era influenzato dalla cosmologia gnostica, non era ortodosso rispetto alla paideia di Platone, il quale, diversamente, credeva che le anime dovessero vivere nel proprio luogo nel cosmo e ricercare, qui ed ora, attraverso i loro demoni, la pace, la prosperità e la giustizia (dialogo “le Leggi”) e ricostruire in terra, ossia nel mondo sensibile, l’età dell’oro (“Repubblica”). Diversamente da Platone, la filosofia di Plotino non considerava il cosmo come una rivelazione divina. In quest’ottica, tutto ciò che è materiale ne risulta svalutato, compresi i rituali religiosi, che sono basati sul calendario delle stagioni del mondo percettibile ed utilizzano oggetti fatti di materia. Non a caso Plotino spiegava che il saggio può raggiungere l’unione estatica con l’Uno senza l’ausilio di nessuna divinità.

Il grande Porfirio continuò, come il suo maestro Plotino, a considerare l’anima non completamente incarnata e, in pratica, identificata con il Nous. Tuttavia, si rese probabilmente conto che la via di Plotino portava alla fine della religione e della tradizione, a beneficio di un gruppo molto ristretto di filosofi, mentre il popolo, privato dei suoi antichi punti di riferimento religioso, veniva esposto alla superstizione cristiana. Porfirio quindi, seguendo il cuore, con un grande slancio, recuperò vari aspetti della tradizione politeistica, aggegando le pratiche teurgiche, amalgamando i contenuti secondo la linea del suo maestro. A questo punto però sorse problema di coerenza che non riuscì a risolvere: a che serviva la religione e la teurgia ad un’anima mai completamente incarnata, quando questa poteva accedere direttamente al Nous? Porfirio, da intellettuale onesto qual era, pose una serie di domande in una vera e propria lettera aperta, la “lettera ad Anebo”, dove suggeriva la pratica teurgica solo a chi non fosse all’altezza della perfezione filosofica, affermando: “Il filosofo è il salvatore di se stesso” (De Abstinentia II, 49, 2). L’utilità dell’azione teurgica era riconosciuta solo per i non-filosofi con un effetto limitato alla purificazione della parte più bassa dell’anima, quella incarnata, a volte chiamata “pneuma”. Sotto questa prospettiva Porfirio criticava persino i sacrifici della religione tradizionale, perchè si svolgevano attraverso il mondo percettibile e potevano attirare, con l’odore delle carni delle vittime, i demoni malvagi ma certamente non gli Dei. Ovviamente, in un periodo in cui la religione tradizionale era sotto il costante attacco della pressione mediatica cristiana, la messa in discussione delle pratiche millenarie veniva vissuta con grande diletto proprio da coloro che Porfirio combatteva.

Giamblico, filosofo siro di lingua greca, risolse le problematiche presentate da Porfirio replicando in anonimato con “La risposta del maestro Abammon alla Lettera di Porfirio ad Anebo”. Questa lettera deviò storicamente il corso del neoplatonismo per i secoli a seguire e anche nel Rinascimento, quando Marsilio Ficino la tradusse dal greco intitolandola “De Mysteriis Aegyptiorium, Chaldaeorum, Assyriorum”, altrimenti nota più semplicemente come “De Mysteriis”.

La premessa da cui si sviluppa l’intera dottrina di Giamblico è la completa incarnazione dell’anima nel mondo materiale. Inoltre, recuperando Pitagora e sposando la materialità dei rituali egizi, che si basano sui cicli naturali, chiarisce che la materia non è il male ma fa parte del progetto divino, contraddicendo così Numenio, Plotino e Porfirio. Il mondo percettibile è l’ultima frontiera del Demiurgo: l’incarnazione paradossale di un’anima immortale in un corpo mortale offre l’opportunità di continuare l’opera creatrice a livello materiale e svolgere una funzione soteriologica nel mondo materiale secondo un piano divino.

In altre parole, ciò che noi compiamo sotto il cielo ha valenza anche spirituale. Questo è il cardine dell’esercizio della Virtus in campo sociale, della Religio in campo essoterico e delle pratiche teurgiche in campo esoterico. Negando la possibilità di alcun effetto del mondo materiale sulla sfera psichica, sorgono due possibili alternative, la prima sulla base che non si può indurre il bene dalla materia alla psiche comporta il ritiro dal mondo materiale in favore dell’ascetismo, approccio seguito da Plotino e, solo parzialmente, da Porfirio. La seconda, logicamente simmetrica, sulla base che non si può indurre il male dalla materia alla psiche è il libertinismo.

Giamblico afferma che il nostro teatro d’azione è il mondo materiale. Poter ascendere senza fare i conti con la nostra materialità è illusorio. Poiché l’anima è completamente incarnata, non può ritornare all’Uno senza l’aiuto delle divinità.anima_6_161_1

La grande lezione, in linea con la tradizione romana, è che la spiritualità si compie per gradi, partendo dai demoni (geni, lari, numi). Secondo la mentalità antica, il rituale religioso può avvenire solo con l’ortoprassia, la corretta esecuzione formale, utilizzando gli oggetti, le offerte e le formule pertinenti (synthemata) come mezzo per avvicinarsi al divino, al fine di risvegliare quell’affinità (philia) che permetterà all’officiante l’accesso all’energia della divinità. Attraverso i rituali e con l’aiuto dei demoni l’officiante si muove gradualmente dal piano materiale a quello divino.

Il culto degli Dei cosmici o mondani, manifestati attraverso i pianeti, avviene secondo le leggi del fato e della sua espressione principale: il calendario. Poiché gli Dei cosmici sono rivelati dai demoni, questi ultimi devono essere coinvolti dai riti materiali. Un aspetto psicologico fondamentale è che i demoni sono anche le forze preposte alle passioni e agli istinti carnali, che vengono temperati e stabilizzati proprio attraverso i rituali. Senza questa caratterizzazione, l’anima del teurgo non può ascendere. Giamblico esemplificò la situazione di Porfirio, il quale da una parte affermava di aver vissuto l’unione estatica con l’Uno, dall’altra soffriva di crisi depressive che lo spingevano al suicidio. Ciò rendeva impossibile credere alla sua enosi.

Giamblico scrisse che per ascendere al Demiurgo e all’Uno occorreva onorare tutti gli Dei per ritrovare la pace interiore. Come è noto, vivendo del contesto eclettico del periodo ellenistico, Giamblico non seguiva la Religio Romana ma onorava il pantheon ellenico ed egizio, tuttavia secondo i suoi scritti aveva un approccio tradizionale basato su rituali esistenti, come risulta dalla sua citazione della “materialità dei culti egizi” e dall’uso delle formule in lingua originale. La religione quindi, per Giamblico, è coerente con il primo livello dell’opera teurgica. Anzi, essa è la condizione senza la quale non può essere efficace alcuna azione esoterica. In altre parole, l’ortoprassia religiosa assieme al comportamento virtuoso è consistente con il primo grado della teurgia. Questa lettura è coerente con una tradizione romana che ricercava la Pax Deorum attraverso la pratica tradizionale.

Secondo Giamblico, un’anima armonizzata può raggiungere con la teurgia livelli più alti di realizzazione. Sopra l’anima tripartita funzionalmente in thymos, epithymia e logismos, è presente “to hen tēs psychēs”, l’uno dell’anima, il suo principio unitario. Quando “to hen tēs psychēs” si unisce agli Dei ipercosmici o ultramondani, seguendo la propria natura essenziale, l’anima è liberata dal fato. Gli Dei ipercosmici, tuttavia, non agiscono nel nostro cosmo, quindi: come può l’anima innalzarsi a Loro? Il teurgo, usando gli oggetti materiali sacri, simboli o synthemata della religione tradizionale, muove i demoni nel mondo materiale per innalzarsi agli Dei cosmici. Sebbene l’ordine di questi sia nettamente separato da quello degli Dei ipercosmici, esite un ordine divino intermedio che si sovrappone parzialmente tra i due, quello degli Dei Liberati o Liberatori (apolutoi), sotto il regno di Saturno, il Demiurgo Liberato, che regnava sul cosmo nell’eta dell’oro con una provvidenza noetica. Gli Dei Liberati hanno una duplice natura, che permette loro di essere presenti contemporaneamente nell’ordine cosmico (alla sommità di esso) e alla base dell’ordine ipercosmico. Attraverso la teurgia dunque le anime possono aspirare agli Dei Liberati per beneficiarne dell’azione liberatrice e rompere così le catene del fato.

Risulta quindi fondamentale riconoscere come primo passo l’ausilio dei demoni. Giamblico ne riconosce tre tipi: quelli che aiutano gli Dei a ripagare il teurgo dei suoi sforzi, quelli che amministrano la giustizia premiando i virtuosi e punendo i malvagi, quelli che non hanno né logica, né giudizio e che sono preposti a determinati poteri a capo di funzioni naturali. La vera missione delle anime è quella di utilizzare i demoni imitando il Demiurgo, ossia agendo rettamente secondo le leggi degli Dei che plasmano il mondo. Queste leggi sono tanto biologiche quanto etiche, sicché lo sforzo dell’anima incarnata include il mangiare bene, l’esercizio fisico, il corretto ciclo di sonno e veglia, ma anche il comportamento giusto verso gli altri esseri umani e verso gli Dei attraverso la Religio. Tutto ciò è esemplificato dalla figura di Pitagora nel libro di Giamblico: “De Vita Pythagorica”.

L’esoterismo senza una solida base religiosa tradizionale non appartiene al pensiero di Giamblico. Oggi come allora, compiere un lavoro esoterico senza esercitare quotidianamente la Pietas e la Virtus, o in altri termini senza l’equilibrio interiore, oltre ad essere nefas, è illusorio. Giamblico offre una soluzione che non si limita alle grandi menti ascetiche che possono permettersi di vivere isolate dal mondo. L’esercizio della Virtus e la celebrazione dei rituali sono a disposizione del Popolo Romano. Sta a noi rispondere a questa opportunità e ricercare la philia divina con la Pax Deorum, per la realizzazione dell’opera demiurgica nella storia.

Parte dei concetti presentati sono stati presi da Shaw, Gregory. Theurgy and the Soul: The Neoplatonism of Iamblichus. Angelico Press/Sophia Perennis.

CONSIDERAZIONI SU CHI CI TIRA PER I CAPELLI

soul-family-1024x683Essendo stato menzionato sul sito “Ereticamente” da un acceso articolo intitolato “Sul Gruppo di Ur e la tradizione di Roma”, argomento sul quale non solo non ho un’opinione, ma non sono nemmeno lontanamente preparato, mi sento in dovere di esprimere quanto segue.

Non ho dubbi sul fatto che l’autore mi abbia citato in buona fede, ma il contesto polemico mi disturba.

I grandi maestri dell’antichità trattati nei miei articoli non presentano una linea singola e coerente di pensiero, ma varie ramificazioni generate dall’amore della Sophia.

Nessuna linea è mai stata considerata “ortodossa” a discapito di altre, in quanto ci può essere solo simpatia e rispetto verso le menti antiche che si interrogavano sulla nostra effimera esistenza dinnanzi al cosmo.

La Religio Romana, per quanto possa essere interpretata filosoficamente, esotericamente, giuridicamente, non è una filosofia, non è esoterismo, non è legge, ma una religione, una collezione di pratiche e rituali nel contesto del politeismo italico e romano.

Il MTR si ripropone di promuovere la tradizione cultuale romana in ambito privato con l’ambizione di essere fedele alle antiche vie, pur riconoscendo le difficoltà di questa missione nei tempi odierni ed i possibili errori interpretativi.

Per ricostruire fedelmente occorre molta perseveranza, studio, attenzione e, soprattutto, cuore. Quest’ultimo non ci manca.

Valete bene in Pace Deorum

Fori Hadriani scripsit, Non Ian MMDCCLXXI

Mario Basile