Sta progressivamente risorgendo dall’oblio di mille anni d’abbandono la mitica Gabii, importantissimo centro urbano laziale al tempo della nascita di Roma edificato su un territorio dei colli Albani in parte occupato (sino alla fine del XIX secolo) dal lago vulcanico Buranus o “di Castiglione”.
Da anni, infatti, un gruppo di archeologi (coordinato da Stefano Musco della Soprintendenza di Roma) sta cercando di riportare alla luce, nei 70 ettari che il Demanio ha acquisito, uno dei pochi residui del magico paesaggio della campagna romana per realizzarne un parco archeologico sub-urbano.
Gabii, che dista 20 chilometri dalla Capitale, era epicentro politico e religioso di fondamentale rilevanza nel Latium vetus: basti pensare alla tradizione che vuole Romolo e Remo iniziati alla pratica augurale proprio a Gabii (vedi il cinctus Gabinus, la toga sbracciata per le pratiche religiose) e alla vicenda dei Tarquini che a Gabii ebbero la loro reggia.
Tre anni fa gli archeologi disseppellirono la residenza regale del figlio di Tarquinio il Superbo e l’auguraculum per i riti.
Ora le nuove scoperte, che stanno rivoluzionando opinioni tradizionali sul costume della Roma repubblicana, sull’architettura gentilizia e sui culti. Innanzitutto una serie di tombe ubicate a fianco delle case, una delle quali della metà del V secolo a.C., che spezzano la consolidata credenza che vuole le sepolture romane fuori le mura cittadine. Inoltre è stata rinvenuta un’immensa casa della prima metà del II secolo a.C. (epoca repubblicana piena) di 1.600 metri quadri posta al centro dell’impianto urbano, lungo l’asse viario mediano della città; è costruita con blocchi regolari di inusitata grandezza ed è preceduta da un monumentale portico; presenta elegantissimi pavimenti con decorazione a tessere e un atrio lastricato che reggono qualsivoglia confronto con le domus repubblicane di Pompei; l’ipotesi è che appartenesse alla Gens Cornelia che dalla città potrebbe aver avuto origine avendo un suo esponente fatto restaurare il tempio di Giunone nel terzo secolo a.c., in qualità di titolare della dinastia (probabilmente) depositaria del culto della Dea sin da tempi remotissimi.