Se n’è andato un grande italiano: un imprenditore, uno sportivo e un patriota.
Ottavio era nato a Ragusa (oggi impunemente ribattezzata Dubrovnik), splendida città della Dalmazia di secolare tradizione prima romana e poi veneziana, l’11 febbraio 1921, da Vittorio, giuliano, “omo de mar, capitano e figlio di un magistrato” e da Teresa de’ Vidovich, dalmata di antica e nobile famiglia di Sebenico. A sei anni si trasferì a Zara (che allora era territorio italiano) dove trascorse tutta la sua giovinezza, fino al 1941. Qui conseguì suoi primi successi sportivi nei 400 metri piani e a ostacoli. Nel 1937 vestì la maglia azzurra e nel 1939 divenne campione mondiale studentesco a Vienna. Chiamato alla armi, combatté in Africa settentrionale contro gli inglesi e venne fatto prigioniero nell’epica battaglia di El Alamein, nel novembre del 1942. Dopo 4 anni di prigionia, Zara rasa al suolo dai bombardamenti angloamericani (fu colpita 54 volte con duemila vittime ed ebbe l’85 per cento degli edifici distrutti), in corso la tragica pulizia etnica dei comunisti titini ai danni degli italiani di Dalmazia ed Istria (nella sola Zara vennero trucidati 900 italiani e altri 435 deportati), rientrò in patria stabilendosi a Trieste dove aprì un laboratorio di maglieria. Successivamente, insieme alla moglie Rosita, spostò l’intera produzione artigianale a Sumirago (Varese). In quegli anni Missoni partecipò ai Giochi olimpici di Londra 1948, classificandosi sesto nella finale dei 400 ostacoli e agli Europei di Bruxelles nel 1950, concludendo al quarto posto. In carriera ha conquistato sette titoli nazionali.
Nel 1960 gli abiti e le maglie di Missoni iniziarono ad apparire sulle riviste di moda e progressivamente le sue creazioni conobbero il successo mondiale. Nel settembre 1973 i Missoni ricevettero il prestigioso Neiman Marcus Fashion Award, equivalente del premio Oscar nel campo della moda: è stato solo il primo di una lunga serie. Gli ultimi mesi della vita di questo grande imprenditore sono stati segnati dalla tragica scomparsa del figlio Vittorio, il 4 gennaio scorso in Venezuela.
Con Missoni il made in Italy ha perso una figura unica per autenticità e spessore artistico che ha saputo vivere il suo rapporto con le terre d’origine di Dalmazia con grande compostezza e autorevolezza, senza mai dimenticarne l’italianità. Legatissimo alla comunità di esuli, Missoni, da decenni sindaco di Zara in esilio (definiva la sua città “La Dresda dell’Adriatico”), non mancava mai ai raduni annuali: in uno di questi, era il 1993, propose di fare della Dalmazia una “regione d’ Europa” secondo lo status previsto dal Trattato di Maastricht per i territori di lingua “mista”. La proposta venne inoltrata alla Farnesina dallo stesso Missoni; tutt’ora lì giace, in qualche cassetto.