La passeggiata quest’anno è partita dal Palatino, il centro della memoria sacra di Roma.
Lì nella zona sud del Palatino, dove era ubicato il Lupercale, il luogo che segna la nascita della Roma quadrata siamo partiti, per rivivere la sacralità dei luoghi da cui tutto ebbe inizio.
Assorti nel silenzio di quello che ancora è il colle più isolato di Roma ci siamo soffermati brevemente sulla descrizione della casa di Augusto, novello Romolo, attento a ricostituire la religione dei padri.
Non è stato un caso che proprio in questa zona nel 326 d. C. Costantino fece costruire la chiesa di S. Anastasia, su un lotto di terra appartenente alla sorella Anastasia e che da quella chiesa proprio a partire dal 326 d. C. venne festeggiato il primo Natale cristiano. La cristianità entrò nella zona sacra di Roma e ci entrò sostituendo al culto del Lupercale quello della natività del Cristo.
Dal Palatino ci siamo spostati ai Fori, per accedere al percorso della via Sacra e abbiamo ammirato durante la discesa il sempre affascinante Arco di Tito fatto costruire dal Senato fra gli anni 81 e 100 d. C.
Proseguendo nel tratto di strada definito “summa sacra via” dopo un accenno doveroso alla Porta Mugonia, una delle tre porte della Roma quadrata siamo al fine arrivati al Tempio di Giove Statore, poi Tempio di Romolo fatto costruire da Massenzio nel 309 d. C. ed infine chiesa cristiana dedicata ai SS. Cosma e Damiano.
Sulla sinistra del Tempio di Giove Statore invece approfonditamente abbiamo ricostruito il lotto del Santuario di Vesta, complesso esterno alle mura pomeriali e luogo della custodia del fuoco pubblico, da cui tutti gli altri fuochi sono generati.
L’importanza del fuoco nelle religioni indoeuropee è nota e il fuoco di Vesta conserva delle peculiarità proprie della zona indoiranica più che Greca.
A questo punto siamo entrati nel Foro vero e proprio, che come ricorda Vitruvio nel suo trattato è una definizione strettamente spaziale: essa dipende dall’”area rum electio” (scelta previsionale) all’interno del tessuto urbano, delle zone libere destinate all’uso collettivo.
Il foro Romano è il luogo in cui si concentravano i simboli della Divinità municipale e attorno al quale le generazioni successive, a prescindere dal loro statuto giuridico, hanno acquisito ora forzato la consapevolezza di appartenere ad una comunità. La differenza sostanziale con il mondo greco risiede nel non dare al portico la prerogativa di creare il foro, ma di permettere al foro di esistere come unità spaziale autonoma e di preesistere a qualsiasi sistemazione architettonica.
Nell’avvicinarci all’elemento determinante di quest’unità spaziale, il Comitium, abbiamo portato il nostro saluto al Divo Cesare,
soffermandoci all’ara ricostruita grazie agli scavi archeologici di Giacomo Boni tra il 1898/99. L’ara di Cesare è il luogo in cui Cesare è stato cremato, inseguito alla morte avvenuta per mano di Bruto, figlio di Servilia, amante di Cesare, quindi per mano di un suo probabile figlio. La morte di Cesare per noi ha un evidente valore politico ma anche e soprattutto storico nel significato di morte come sacrificio per il passaggio.
Siamo giunti quindi al complesso Curia-Comitium lo spazio politico e giudiziario della Roma del VI secolo a.c. All’interno della Curia c’era l’esposizione dello scettro di Massenzio il simbolo del potere della paganitas romana mai più trasmesso ad alcun sovrano.
Alla sinistra del Comitium abbiamo esplorato il luogo dedicato a Vulcano, Volcanal-Lapis Niger. A est dell’area dedicata a Vulcano abbiamo ricordato l’Umbilicus Urbis o Mundus, una costruzione rotonda in mattoni, eretta probabilmente nell’età di Settimio Severo, per simboleggiare il centro ideale della città, ad imitazione degli Omphaloi delle città greche. Secondo la ricostruzione di Coarelli, suffragata dalle fonti antiche, questa costruzione tarda potrebbe coincidere con l’arcaico Mundus.
La posizione del Mundus in quella parte del foro non è ovviamente causale come precisa anche Macrobio, riconoscendo l’affinità tra questa costruzione e la vicina ara di Saturno con successivo tempio di Saturno. Potremmo supporre che le divinità di Saturno e di Ops inizialmente erano connesse al Mundus e solo più tardi alle stesse si sono affiancate le divinità di Proserpina e dis Pater. Se questa ipotesi, richiamate da Coarelli fossero veritiere, la fondazione del Mundus accanto all’ara Saturni farebbe pensare ad un collegamento voluto tra Palatino-Esquilino e insediamento Capidoglio-Quirinale al momento dell’unificazione delle due colline in un unico abitato, VII-VI a.c.
Di passaggio abbiamo ammirato il portico degli déi Consenti, ovvero gli déi consiglieri, dodici divinità del pantheon romano ricordate da Varrone e il vicino tempio di Concordia.
Infine siamo saliti sull’Arx capitolina, il luogo in cui secondo Varrone e Festo si concludevano le cerimonie e le processioni. Tra le costruzioni più antiche dell’Arx abbiamo menzionato il tempio di Iuno Moneta, guardiana della rocca e l’Auguraculum, un’area quadrangolare i cui limiti erano indicati originariamente da alberi, divisa in senso longitudinale da una linea mediana prolungata idealmente fino all’infinito. Qui menzionando l’asse della spectio augurale il nostro sguardo è corso al Monte Albano il traguardo all’infinito di cui ci ha parlato Varrone che nonostante i tentativi di offuscamento per noi rimane ancora visibile.