L’equipe del paleontologo Vladimir V. Pitulko dell’Accademia russa delle scienze di S. Pietroburgo ha trovato prove di presenza umana a 72° Nord all’interno del Circolo polare risalenti a ben 45.000 anni fa (test del radiocarbonio). Mai, in precedenza, si erano registrate tracce di homo sapiens così a Nord. La località si chiama a Sopochnaia Karga ed è in piena Siberia artica (lat. 71,86 – lon. 82.7).
Lo scrive la rivista Science nel suo numero 351 del 15 gennaio scorso.
La prova provata è nella forma di una carcassa di mammut, congelata da qualche millennio, che porta molti segni di ferite d’arma da punta e da taglio inflitte sia pre sia post-mortem, unita ai resti di un lupo braccato posto in una posizione separata, di età simile. Entrambi i ritrovamenti indicano che esseri umani sapiens, capaci di cacciare e sezionare una preda, potevano essersi ampiamente diffusi in tutta la Siberia artica almeno dieci millenni prima di quanto si pensasse. Sinora, infatti, tutti i ritrovamenti più settentrionali databili 45 mila anni fa si trovavano a 55 ° N, in Siberia occidentale, mentre più sù, nella Siberia artica, tracce di presenze umane erano stata fatte risalire a 30/35.000 anni fa, ma non erano mai state registrate oltre i 66° N.
La notizia è esplosiva e avvalora di evidenze “scientifiche” le intuizioni del grande filosofo tradizionalista Julius Evola scritte nel suo “Rivolta contro il mondo moderno”. E’ qui, infatti, al Polo Nord, che lo scrittore colloca il paese degli Iperborei che, secondo la geografia sacra di antiche tradizioni “erano il popolo che abitava nella luce eterna, la cui regione era patria dell’Apollo delfico, il puro, il radiante, il dio dell’età dell’Oro”. “E ceppi – cito a memoria – ad un tempo regali e sacerdotali, come quello dei Boreali, trassero questa loro dignità da questa terra apollinea: ciclo dell’essere, ciclo solare, ciclo della luce, tali sono i caratteri che presenta l’Età dell’Oro, ovvero l’Età degli Dei”.
Il Nord come luogo simbolico, dunque, per Evola, il cui significato si confonde con quello del luogo della prima età. “Ci si trova dinnanzi – scrive – ad un motivo il quale ha, simultaneamente, un significato spirituale e un significato reale per rifarsi a qualcosa in cui il simbolo fu realtà e la realtà fu simbolo, in cui storia e super storia furono due parti non separate, anzi trasparenti l’una nell’altra”. Evola dunque sostiene che, secondo la tradizione, in epoca paleolitica (meglio, “di alta preistoria”), che viene a corrispondere alla stessa età dell’oro o dell’essere, “la terra polare sarebbe stata una regione situata nel settentrione, nella zona dove oggi cade il polo artico della terra, regione abitata da esseri in possesso di quella spiritualità non umana (oro, gloria, luce, vita) che ebbe in proprio la tradizione uranica allo stato puro e fu la scaturigine centrale delle forme che questa tradizione ebbe altre civiltà, prima fra tutte quella atlantica”.
Basti pensare alla tradizione romana e al calendario di Romolo articolato su dieci mesi, “artico”.
O agli Inni Vedici e allì’Avesta interpretati dal “bramino” indiano Bal Gangadhar Tilak ne “La dimora artica nei Veda” dove si afferama che gli ariani abitavano il Polo Nord prima dell’inizio dell’ultima glaciazione.
Ora, di questa “nostra” Tradizione, ne abbiamo anche evidenze paleontologiche tangibili.
Paolo Casolari